1 – Riposto in un cassetto, ho trovato uno scritto difensivo donatomi anni or sono da uno di quei abili avvocati di provincia presso cui spesso si rinserra una saggezza giuridica, invisibile ai più. Si tratta di una memoria di Cassazione, relativa ad una vicenda alquanto singolare per il tema trattato (che qui non interessa).
Rilevante appare – ai fini del discorso che qui tratteggeremo – l’esordio di quello scritto depositato in vista di un’udienza in camera di consiglio, in ragione della manifesta fondatezza del ricorso avversario.
Segnalo al lettore – come cornice di riferimento del racconto – che il ricorso per cassazione era stato particolarmente elaborato (ricco di riferimenti normativi e giurisprudenziali), mentre il controricorso era agile nella struttura, svolto con nonchalance (apparendo al difensore del resistente inconsistente la tesi sviluppata dal ricorrente).
Il ricorso veniva trattato in “camera caritatis” per manifesta fondatezza dello stesso e, in tal guisa, era stata depositata e notificata alle parti la relazione del Consigliere a ciò deputato.
Preoccupato della sottovalutazione dei problèmata che così efficacemente avevano indotto il Consigliere relatore a proporre al Collegio l’accoglimento del ricorso, l’Avvocato del resistente esordiva nella memoria con queste parole: “la difesa della resistente si è avveduta di aver sottovalutato le quaestiones juris oggi al vaglio delle Sezioni Unite della Suprema Corte: una sorta d’ingenua disattenzione (potrebbe dirsi), che ha trovato il solo conforto nelle meditazioni di Epstein, personaggio chiave in ‘Atlante Occidentale’ di Del Giudice, quando capisce ‘che le cose più importanti avvengono nella distrazione, non nella concentrazione e aveva imparato la necessità di distrarsi’. In questa sede, pur tuttavia, nessuno sarebbe disposto ad offrire generose indulgenze alle distrazioni ed è giusto che si esigano da parte della Suprema Corte attente e corrette argomentazioni da parte degli avvocati (…) che abbiano almeno l’aspirazione prosastica ad attenersi ai valori che Italo Calvino auspicò che fossero preservati nel millennio a venire (purtroppo ciò che accadde dopo la morte del grand homme de pensèe)”.
L’esito del giudizio decretato dalla Corte fu nel senso del rigetto del ricorso per manifesta infondatezza. Continua a leggere >>>