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Informazioni sull'articolo

Questa pagina contiene un singolo articolo inserito il 24.07.16 19:30.

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"L'adultera" di Laudomia Bonanni Luigi Alviggi

Laudomia.jpg

L'acqua, il liquido amniotico, racchiude lo svolgimento della storia: la fonte di vita capita ne accompagni il termine, come sovente accade in questi anni di enormi migrazioni marine. Il libro è del 1964, finalista allo Strega e appena ripubblicato, ma è di decisa modernità per l'approfondita indagine psicologica della protagonista, la quarantenne Lidia, e per quel dire e non dire che accompagna le accurate descrizioni di realtà interiori ed esteriori. Un'esposizione pittorica, direi. La memoria rimesta nel passato e, dandogli nuova vita, ne integra anche gli aspetti che possono aiutare a sviscerare la vera natura dell'oggi. Lo scalpellio delle frasi, di lieve brevità, equivale a pennellate che si depositano qua e là sul quadro in gestazione, fino a delineare ogni particolare del minimo dettaglio. Un marito, Antonio, reduce da lunga prigionia di guerra in India, una figlia, Nina, Ortensia, la creatrice di moda i cui prodotti Lidia commercializza, accompagnano le sue routinarie giornate milanesi. E poi, grazie anche al suo fascino con i clienti maschi, da dipendente ne diviene collaboratrice, brava ad accostare colori e a creare bozzetti dimostrativi di abilità e buongusto. >>>continua>>>>


Di giorno, da vicino, trovava il Duomo massiccio e pesante, come calcato in uno stampo. Allora andava dietro all'odo­re. Conosceva certi angoli umidi sotto le pareti a picco, che a cam­minarci guardando in terra i ciottoli muschiosi, tra lo sterco bianca­stro impastato di piumette e coi piccioni alle gambe, dava l'idea di un sagrato campagnolo. Odore di campagna. Inconsciamente alzò la mano nel segno della croce, come usava dalle sue parti passando davanti alle chiese.

La conosciamo all'atto della partenza per Napoli verso don Gennaro Esposito, grossista di tessuti presso il quale piazza gran parte della merce. E già l'accompagnamento del marito al treno ricostruisce gli anni del progresso industriale verso il boom con dettagli d'antan, marginali ma caratterizzanti. Inizia il lungo viaggio nella notte. Nello scompartimento trova due uomini seduti vicino al finestrino, e un'altra donna al posto sul corridoio. Lei siederà nel posto mezzano vicino al meno giovane, avendo libero quello a fianco. Il sonno tarda ad arrivare nel sedile di prima classe e si affollano invece i pensieri. Poi esso arriva, inquieto, e, all'accadere esterno di un fatto riprovevole, si desta di botto e poi esce di scatto dallo scompartimento. Ha subito un volgare approccio sessuale dall'uomo vicino e, dopo poco, scoprirà anche il furto di buona parte del denaro che Antonio ha voluto portasse nella borsetta contro gli imprevisti. Alleata inattesa si rivela l'altra passeggera che la spinge a chiamare il ferroviere di servizio e a esporre in ogni particolare il fatto, ma questi non ne viene a capo. E lei, la testa sempre dietro al fiume di ricordi, desiste, rimproverandosi per prima per la propria inettitudine.

Era rimasta inchiodata alla parete del corridoio, in quello stato di collera fredda che schiarisce il cervello.

Ricordò perfino una raccomandazione di Antonio, del tutto sva­nita dalla mente, che per ogni evenienza in viaggio bisogna rivol­gersi al capotreno. Un ferroviere occupava il posto di servizio, lo scorse in fondo sul sedile di legno. Ma un capotreno sarà fregiato di galloni, meno accessibile al pubblico. E del resto ormai non poteva più rivolgersi a nessuno.

Il danaro dello stipendio di Antonio. Glielo aveva sempre resti­tuito intatto, lui forse credeva che riscuotesse un acconto dai clien­ti, parte delle spettanze, o qualsiasi cosa credesse. Mai aveva tenuto in gran considerazione quel danaro, con indifferenza lo prendeva e lo riportava senza servirsene. Appunto, lo riportava. Non averlo più è diverso. Provò un disagio acutissimo.

Lidia la approfondiamo così, frammento dopo frammento, intrusi sbircianti nelle foto del passato che continuano a scorrerle innanzi agli occhi, e delle quali diveniamo parte conoscendone ogni aspetto attraverso la scrupolosa rivisitazione. È sbalzata in ogni aspetto più intimo dalla scrittura psicoanalitica di potente livello della Bonanni. Un bell'album di famiglia nel quale lavoro, affetti, amori, sono collazionati in ordine sparso ma non per questo meno preciso e avvincente. E non solo il privato. L'intera società del tempo è raffigurata in questa rassegna d'immagini che, intrecciandosi alle vicende di Lidia, espone un'ampia tipologia di persone di alto ceto, ricche ed affermate, specchianti al meglio quegli anni di rapida corsa con scarsi ostacoli verso il benessere.

Le asperità incontrate nel matrimonio sono, però, ostiche a lasciarsi sopraffare. I lunghi anni della prigionia di Antonio l'hanno abituata all'indipendenza ed è duro ritornare alla compagnia fissa con il ritorno di chi, per certi versi, è divenuto un estraneo. Un lungo periodo di reciproco riadattamento con un lui non più a posto, come è giusto che succeda per chi ha trascorso anni tra pesanti rinunce e sacrifici di vita in un internato militare carcerario. Anche lei però ha sofferto. Ed ecco riprendere vita l'aborto di guerra, un incidente di percorso dopo l'incontro con un biondo e giovane tedeschino che, prima di lasciarla dormiente al mattino, riempie il cucinino di doni alimentari, meglio di un gioiello per quei tempi. Ogni cosa accade sempre nella sua doppia faccia, bella e brutta.

L'affollarsi dei ricordi di guerra diviene martellante, alla stregua dell'ossessivo tonfo sui binari del treno che la porta verso il giorno, verso l'amore in attesa che, al momento, non ha effetto alcuno mentre gli assalti reiterati della guerra assassina non smettono di ricordare che anche lei ha molto patito nella città vittima di bombardamenti. Non sa dire se quanto Antonio, ma certo non tanto di meno. Un conforto inatteso giunge da una ragazzina sperduta che va a farle da compagna e da serva ed ha destrezze nascoste che aiutano a superare la fame nell'attesa di un domani migliore. E conosciamo fin troppo bene, da mille testimonianze, quanto il degrado morale abbia accompagnato quello fisico nei lunghi anni dell'ultima guerra.

Infine, tra un brandello di sogno-incubo e l'altro, come che sia arriva a Roma. Sulla panchina c'è Norman ad aspettarla, è lui il jolly del momento. Lui l'amante in carica. E lì, nel bagno di un diurno per lavarsi dello sporco causato dalle visioni e di quello reale,

la colpì l'idea di aver passato in rassegna la propria vita come dicono che avviene prima di morire. La mia vita sessuale, corresse con recondita intenzione superstiziosa. Curioso tranello del subco­sciente, di aprire la memoria a scatole cinesi, una dentro l'altra, fino all'ultima più segreta, il senso di colpa. Un altro complesso? Vai dallo psicanalista, si consigliano tra donne, come in passato vai dal­la chiromante. Mamma andava a confessarsi. (...) Riemerse un incidente di scuola, della scuola elementare o forse dell'asilo, il suo primo come si dice trauma infantile. Paura che le venisse da andare al gabinetto. Naturalmente le viene, trop­po tardi chiede di uscire, succede in mezzo all'aula. Ed era tanta, scrosciava, dilagò, fece rivoli: chiuse gli occhi e si mise a urlare. An­che Nina una volta era tornata bagnata, non si potette strapparle una parola. Sai che ne ricaverebbe uno psicanalista da storie simili (le amiche di Ortensia, Freud a orecchio). Questo pasticcio di scuole maestre pipì gabinetti. Rise e lanciò nella tazza il mozzicone. Senti­va la testa formicolare sottopelle.

Nell'auto di lui proseguono per Napoli. Lei non è dell'umore solito. La notte trascorsa l'ha segnata più di quanto pensasse. Arriva a rifiutarglisi in un approccio all'aperto, non riesce a scaldarsi. Qualcosa dentro si è scompensato senza avvisarla. Norman informa che, invece del grande albergo, andranno nella casa di un amico. Un altro disorientamento, le piace abbandonarsi alle cure della servitù degli alberghi di lusso. Arrivati nel primo pomeriggio, la lascia da don Gennaro con un appuntamento per più tardi. Lidia ripiomba nel mondo dell'anziano grossista, che trova senza moglie né figlie andate a un pellegrinaggio vicino, e, in antica confidenza con il vecchio, entra subito in sintonia con il suo carattere, untuoso ma paterno ed affettuoso.

Poi con Norman, passeggiata per Toledo, cena in riva al mare, lungo via Caracciolo, Chiaia, assorbendo l'anima rumorosa e stramba della città in compagnia del sogno dichiarato di lui di portarla via per sempre in Sicilia solo per sé. Una prolungata pausa subconscia in attesa del coraggio di ritrovarsi soli. Ed eccoli nell'appartamento dell'amico. Poi tutto si sospende, prima di qualcosa che cambierà tutto riportandoli al punto di partenza... via Rosaroll è in attesa.

Lidia, dunque, contrabbanda l'amante tra le ragioni di lavoro e inganna il fedele Antonio. Non le pesa più di tanto. I sei anni di prigionia del marito l'hanno addomesticata a staccarsi da lui, l'ha fatto più volte, la vita poi ha inflitto la severa lezione che nulla mai può avvilupparci del tutto. Non sa se è davvero felice ma si abbandona nella corrente, e certo oggi non è affatto infelice. I tempi cattivi appaiono passati, comunque può fidare su due uomini al fianco e quanto non le dona l'uno può sempre aspettarselo dall'altro.

Laudomia Buonanni (L'Aquila 1907 - 2002) è una scrittrice intimista, prolifica, vincitrice dei premi Bagutta e Viareggio alla fine degli anni '40. In questo lavoro non molti i dialoghi. Tutto si gioca sul filo sottile del ricordo che tesse le vicende, presenti e passate, dando loro quel taglio personale che ben ci addentra nel complesso animo femminile della protagonista. Lo stile, moderno come detto, è piacevole e lascia meditare il lettore lungo le strade dei pensieri di Lidia. Il lavorio mentale che si scatena arriva a farci meglio penetrare la realtà che ci circonda. Questo non è certo un pregio di molti narratori, anche contemporanei. L'esergo del romanzo, preso da Ralph Emerson (Boston 1803 - 1882), recita:

 Le cose stanno in sella e cavalcano l'umanità

 ennesima conferma, non superflua, di quanto labile sia il potere posseduto dall'uomo.

 

 

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