In questo avvio di anno, alcune cose si stanno forse muovendo nella mucillagine della politica. Una di queste potrebbe essere la scelta di una nuova legge elettorale in grado di affrontare i problemi di un quadro politico impotente e iper-conflittuale, e tanto più conflittuale quanto più impotente. Un'altra può essere la decisione delle sorti della ex compagnia di bandiera, un disastro economico che costa a tutti noi più di un milione di euro al giorno. Ma le prospettive non sono delle più incoraggianti: il degrado della politica è un riflesso di quello della società e contribuisce a sua volta ad alimentarlo. Di forze positive e personaggi carismatici in grado di tirarci fuori dalla palude in cui siamo impantanati non se vedono all'orizzonte. Forse per darci coraggio può servire guardare indietro. Magari alla Sicilia degli anni Sessanta.
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1. E' finito il 2007 e fra dieci giorni ricomincia – con la “verifica” nel centrosinistra, anzi con quella che “non chiamatela verifica”, dice Prodi – il “teatrino della politica” tanto odiato dall'ex premier Berlusconi, che preferisce di gran lunga i teatrini delle veline. Mastella, figurante da commedia dell'arte se mai ce n'è stato uno nella nostra vita pubblica, che non sembra neanche vero tanto impersona senza mai perdere una battuta il suo personaggio da folklore politico, entrerà nella sceneggiata di gennaio con un piede solo: “Mi vogliono fottere ma io me ne vado prima”, ha detto, non sapendo che molti si augurano entrambe le cose. Su tutti, sia a destra che a sinistra, incombe – se la Corte costituzionale non si metterà di traverso – il referendum sulla legge elettorale, ammirata creatura di quell'altro personaggio folkloristico che risponde al nome del vice presidente del Senato Calderoli.
2. Il rischio di un accordo tra i due partiti maggiori che spiazzi i cespugli è forte e aiuta Prodi a cuocere a fuoco lento Veltroni, nel quale vede una minaccia mortale per la sua leadership. Uolter si sposta a destra? e lui si sposta a sinistra. Wally prefigura nuove alleanze che potrebbero mettere in discussione la sua permanenza a Palazzo Chigi? e lui rilucida la formula ormai ossidata del centrosinistra da Mastella a Caruso e assicura che durerà fino alla fine della legislatura e magari oltre. Forse ha assunto anche lui il medico-sciamano Scapagnini ed è diventato immortale come Berlusconi. Che triste destino per chi sarà qui fra trent'anni, condannato ad assistere all'ottavo scontro televisivo per le elezioni del 2037 tra due centenari, Berlusconi alla quarta operazione di lifting e al settimo trapianto di capelli, Prodi con un traduttore simultaneo che consentirà di decifrare i suoi ormai del tutto incomprensibili borborigmi.
3. Ma per adesso la situazione è in stallo e tale sembra destinata a rimanere. Potrebbero rimetterla in moto Dini e il suo manipolo di “resistenti di destra” ma ecco che già si sono affrettati ad assicurare che per carità, i loro dieci punti non sono le tavole della legge ma solo “un contributo alla discussione”. Prodi avrà ancora un po' di respiro e continuerà a “fare” (“Duro perché faccio”, ha detto) – ma a fare che? Quel poco o niente che ha realizzato finora, sfuggendo tutti i nodi importanti? Ora però c'è un passaggio decisivo per capire finalmente se vuole governare sul serio o continuare a fingere di farlo ed è la questione Alitalia. Tra poco potremo vedere se cederà davanti alla rivolta di Bossi e Formigoni e al ricatto dei sindacati – che vogliono un interlocutore debole come Air One perché tutto cambi senza che nulla cambi - o se sosterrà il Consiglio di amministrazione Alitalia e il suo ministro Padoa Schioppa, il temerario che come al solito ci ha messo la faccia. Tralasciando l'inutile verifica, i nodi della politica sono questi due: Alitalia e la decisione (che dovrebbe essere scontata) della Corte costituzionale sulla ammissibilità del referendum, che darà una forte accelerata all'incontro-scontro tra i partiti per decidere le caratteristiche di una nuova legge elettorale. Dalla quale potrebbe derivare alle prossime elezioni una forte spinta al cambiamento di un quadro politico condannato – da entrambe le parti – a una cronica inconcludenza.
4. A una politica polverizzata fa riscontro una società divisa e frantumata – la mucillagine di cui ha parlato il Censis - che non riesce a ritrovare un'identità. Certo l'Italia ha avuto momenti altrettanto neri ma questo è forse il peggiore, soprattutto perché nessuno sa dove stiamo andando e cosa saremo tra dieci anni, con una scuola degradata, le infrastrutture arretrate, un'economia che non cresce, la mancanza di una linea chiara su cosa fare di problemi che involgono il nostro futuro – la criminalità organizzata, l'immigrazione. Senza personalità che possano essere di riferimento come erano stati ai loro tempi, certo ognuno a suo modo, gente come De Gasperi, Moro, Berlinguer, lo stesso Craxi. Con una mediocrità al potere e una televisione che ne è emanazione e che riflette amplificandoli – in una spirale di reciproco rimando - i peggiori vizi della nostra politica e della nostra società. Guai per tutti se la politica che dovrebbe sublimare e indirizzare gli istinti della massa ne diventa lo specchio rilanciandoli, in un circuito di progressivo degrado. Vedere deputati che con piccoli sotterfugi votano per i compagni assenti; vedere ex presidenti del consiglio che raccomandano le attricette ai boss della TV di Stato dicendo che gli serviranno per cambiare il quadro politico – immaginiamo di che tempra possa essere il senatore che lascia la maggioranza da cui è stato eletto come compenso per aver fatto recitare un'amichetta - è certo una grande scuola di vita per i nostri giovani. Così come è istruttivo spiegargli che la Chiesa cattolica è contraria a condannare l'omofobia. E poi ci meravigliamo del bullismo. Ci meravigliamo della “caduta dei valori civili”.
5. Altre volte questa nostra società ha saputo trovare da sola la forza per cambiare se stessa e così facendo cambiare anche la politica. A volte si è trattato di movimenti come quelli degli anni Sessanta-Settanta, da cui pur tra eccessi e contraddizioni sono arrivati lo Statuto dei lavoratori, le spinte all'egualitarismo e al femminismo del '68, il riconoscimento di diritti civili come il divorzio – scelta di una società che è stata capace di opporsi alla pretesa di trasformare il dogma di alcuni in una legge di tutti. A volte sono stati i magistrati, spesso a costo della propria vita, a mostrare la strada giusta. In altri casi - più raramente - sono state persone che nel loro privato hanno avuto il coraggio di assumere posizioni anomale dando il via a importanti cambiamenti. Ci vengono alla mente uomini come Pier Giorgio Welby e Mario Riccio, che hanno saputo sfidare la convinzione che l'uomo deve poter decidere di tutto tranne che della propria vita. Ci viene alla mente Franca Viola, una donna che pochi che hanno vissuto quell'epoca ricorderanno e che i giovani di oggi sicuramente non conoscono. Franca Viola era una ragazza siciliana di diciassette anni quando fu rapita e violentata da un delinquente del suo paese, che la tenne segregata per otto giorni e poi pretendeva di sposarla perché secondo la legge dell'epoca il matrimonio avrebbe annullato la violenza. Franca Viola doveva scegliere tra sposare il suo aguzzino oppure essere “disonorata”. Scelse questa seconda alternativa – fu la prima a farlo – e mandò in prigione il suo violentatore. Dovette andarsene dal paese perché per ritorsione il padre fu minacciato di morte, la loro vigna rasa al suolo ed il casolare annesso bruciato. Si sposò poco dopo con un giovane con il quale era fidanzata dall'età di 14 anni e che insistette per sposarla, nonostante lei cercasse di distoglierlo per timore di rappresaglie. Dopo qualche anno i due poterono tornare nel loro paese, ebbero tre figli e un matrimonio felice.
6. Erano tempi diversi, in cui la legge consentiva di stuprare impunemente una donna e ricattarla per convincerla al matrimonio oppure di imprigionarla se tradiva il marito – ricordiamo il carcere a cui fu sottoposta una signora sposata che aveva la sola colpa di intrattenere fugacemente una relazione con il povero Fausto Coppi. Erano gli anni in cui un arcivescovo dall'altare si sentiva in diritto di bollare come pubblici concubini due persone che si erano unite con un matrimonio civile. Ricordare quei tempi può servire a farci capire quanto anche le singole persone, con un semplice atto di coraggio, possano contribuire a cambiare la società. Pochi anni dopo la ribellione della ragazza siciliana, che divenne un simbolo di libertà e dignità, venne abrogato l'articolo 544 del codice penale che ammetteva il matrimonio riparatore, insieme all'altro articolo che considerava reato l'adulterio della donna e non quello dell'uomo. Grazie, Franca. Ricordare oggi persone come Lei può servire a darci la fiducia – illusoria, chissà - che questo paese può anche trovare la forza di cambiare direzione.