Lo sguardo
dell’Autore – uomo poliedrico, versatile e dai molteplici interessi, sui quali
ci ha lasciato diverse testimonianze letterarie – scorre placido su un
trentennio di Storia Patria, facilitato dalla saggezza dell’età avanzata e
dall’alone stemperante dei tanti anni vissuti, che fanno depositare la patina
della riflessione su eventi che, a caldo, quasi mai godono della giusta
valutazione.
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Esso muove
dal primo dopoguerra quando l’Italia, pur essendo tra le nazioni vincitrici,
attraversò un difficile periodo sociale di scioperi e lotte politiche. Nacquero
allora sia il partito di Don Sturzo (in seguito Democrazia Cristiana) che il
Partito Comunista (1921). Quest’ultimo accentuò la forza dei movimenti di
sinistra. Mussolini, nato socialista, ben presto si convertì alla Destra
fascista, spianando la strada con ogni mezzo alla sua avida sete di potere. Per
effetto della Marcia su Roma (28 ottobre 1922) e della debolezza connivente del
re Vittorio Emanuele III, egli riuscì ad essere nominato Capo del Governo,
conquistando la vittoria politica, tutto sommato con sforzo modesto e avendo in
Parlamento un numero molto minoritario di rappresentanti. Sfruttò a pieno,
quindi, quella che veniva considerata la “vittoria mutilata” della Grande
Guerra e la paura che in Italia vincesse il comunismo.
Nella
storia di quegli anni entra Gabriele D’Annunzio, il “vate”, come fu chiamato in
seguito. Sua e dei suoi Legionari fu l'”impresa di Fiume”, cioè l’occupazione
della città negata all’Italia, insieme con la Dalmazia, dal Trattato di
Versailles del 1919. Questa impresa, se non altro, servì a smuovere le acque
politiche sulla questione relativa, e la città tornò all’Italia nel 1924 a
seguito di un accordo con la neonata Jugoslavia. Il Fascismo non dimenticherà
il valore del fatto e il vate fu onorato a lungo da Mussolini.
L’attenzione
di Vieri Sassoli (Firenze 1912 – 2014) non è quella da protagonista delle vicende,
ma di un cittadino attento agli eventi importanti che non si lascia traviare
dagli orpelli storici sempre presenti ad annebbiare la realtà dei fatti. Lo
stile, conciso ma puntuale, è avvolgente e vale a renderci attenti e partecipi
dei fatti narrati. Altro merito di questo lavoro è il ricordare, in estrema
sintesi, i fatti salienti del trentennio considerato.
Con
l’appoggio iniziale anche degli avversari, le elezioni del 1924 diedero la
maggioranza delle Camere alla coalizione fascista, consacrando così il potere
del Duce che opprimerà il paese per un ventennio. Egli superò anche il delitto
Matteotti del quale – nel discorso alla Camera del 3 gennaio 1925 – si assunse
la piena responsabilità. Da tale data vennero sciolti i partiti
dell’opposizione e messa a tacere tutta la stampa contraria. Gli oppositori del
regime, in genere, subivano l’arresto o venivano inviati al confino. Iniziava,
per diffusi fraintendimenti di valutazione ed equivoci di giudizio, la
dittatura fascista. Le elezioni del ’29 furono una farsa assoluta. I sì al
partito egemone sfiorarono la totalità.
All’attivo
del fascismo va ascritta la firma dei Trattati Lateranensi – 11 febbraio 1929 –
che poneva fine alla annosa controversia nata tra Stato Italiano e Stato della
Chiesa con la conquista di Roma del 1870, ma prima ancora con l’annessione di
tutto il territorio su cui regnava il papa. Dai Trattati nacque la Stato della
Città del Vaticano e alla religione cattolica venne riconosciuta la prerogativa
di Religione dello Stato.
Il Vieri
ben sottolinea che non tutto del fascismo fu negativo, e questo, insieme con le
peregrine esperienze politiche che lo precedettero, contribuì a quella sorta di
sonno irragionevole della nazione da cui il Duce trasse il massimo profitto.
Nel 1933,
sfruttando analoghe situazioni post-belliche nel paese ma appoggiato dal voto
popolare, in Germania salì al potere Hitler. Questi guardava a Mussolini come
suo maestro e il dialogo tra i due si sarebbe protratto sino agli ultimi giorni
del Duce.
Dal 1934
al ’36 l’Italia si impegnò nella guerra in Etiopia, paese dalle molte ricchezze
ma difficile a conquistarsi per la presenza dei tenti “ras”, capetti delle
varie tribù locali. La Società delle Nazioni, contraria alla conquista,
inflisse sanzioni all’Italia che fu però aiutata nella fornitura di materie
prime dalla Germania. Come che sia, la capitale Addis Abeba cadde e il paese
ottenne così il suo Impero: Vittorio Emanuele III fu Re d’Italia e Imperatore
d’Etiopia. In cambio l’Italia tacque all’annessione dell’Austria da parte della
Germania nel 1938.
Il Vieri
coglie che sia la guerra in Etiopia che la successiva partecipazione alla
Guerra Civile Spagnola impoverirono ulteriormente, in uomini e mezzi, le nostre
forze armate. Esse si presenteranno alla fatidica data del 10 giugno 1940 –
nostra dichiarazione di guerra a Francia ed Inghilterra – in condizioni
precarie.
Le mire
egemoni della Germania furono anch’esse facilitate dall’atteggiamento iniziale
acquiescente di Francia e Inghilterra sulla questione dei Sudeti, parte della
Cecoslovacchia con maggioranza di popolazione tedesca. Il territorio conteso fu
ceduto e tutto il paese cadde sotto una sorta di sudditanza tedesca.
Diverso fu
il caso del “corridoio” di Danzica che, il 1° settembre 1939, provocò
l’invasione tedesca della Polonia. Qui le due potenze citate intervennero,
dando inizio alla Seconda Guerra Mondiale. Hitler pensava ad una guerra lampo
che invece distrusse l’Europa per quasi sei lunghi anni provocando diecine di
milioni di morti e la distruzione in intere nazioni.
Sinteticamente
vengono passati in rassegna gli eventi principali: la conquista tedesca di
mezza Francia superando la forte “linea Maginot”, al confine tra i due paesi,
attraverso Belgio e Olanda; la facile
invasione italica dell’Albania e quella, solo tentata, della Grecia; la sterile
offensiva nostra contro gli inglesi in Egitto, situazioni risolte solo
dall’arrivo in soccorso dei tedeschi. Le forze italiche erano inferiori, non
per valore ma per armamenti e forniture. Problema storico, del quale raramente
siamo stati indenni, ed oggi ci avviciniamo al secolo (dico cento anni!)
dall’ultima “vittoria”.
Poi
iniziano i disastri congiunti dell’Asse: l’operazione “Barbarossa” – invasione
tedesca dell’URSS – e la misera sorte dell’ARMIR (ARMata Italiana in Russia),
tornata più che decimata. L’entrata in guerra degli USA (1941) ci schiantò in
Africa, dove perdemmo Libia ed Etiopia – l’impero era durato cinque anni! – e
anche in Russia, tanto noi quanto i tedeschi.
Dal 1943
al ’45 c’è la lenta agonia delle forze nazi-fasciste: Germania, Giappone,
Italia. Mussolini cadde con la delibera del Gran Consiglio del 25 luglio 1943;
l’8 settembre si ebbe l’armistizio con le forze alleate. Mussolimi, liberato da
Hitler e da lui istigato, dovette mettersi a capo della Repubblica Sociale di
Salò, causando quella guerra civile che tanti lutti provocò tra partigiani e
non, oltre alle tante distruzioni ed eccidi che subimmo da parte dei
tedeschi.
Con la
fine della guerra venne il crollo della monarchia (referendum del 1946), ed il
primo governo De Gasperi che ci aiutò a risollevarci da una situazione
disastrosa, superata grazie al Piano Marshall di aiuti da parte degli USA. È
del 1948 la Costituzione della Repubblica.
Giustamente
per l’Autore la decadenza del Fascismo, non privo di qualche merito, inizia
colla promulgazione delle leggi razziali nel ’38, scimmiottanti quelle
tedesche. La rovina poi fu l’entrata in guerra con dotazioni militari del tutto
inadeguate, forzata dal timore di Mussolini che Hitler si impadronisse
dell’Europa e l’Italia non ne avesse parte. Fortuna nostra fu l’uomo De Gasperi
che iniziò il lento cammino della ricostruzione e rinascita del paese fino a
proiettarlo verso il “miracolo economico” degli anni ’60.