“…investire in educazione, nella scuola, diffondere
cultura è davvero un metodo efficace di contrasto della criminalità, davvero
delicata è quindi la missione di chi deve insegnare, può segnare il destino di
una persona e non solo…” (Ciro Pizzo*)
Insegni
sociologia, a Napoli: ti andrebbe di consigliare un libro di narrativa
contemporanea, a chi vuol scoprire la vera Napoli?
Domanda
non semplice, direi. Mi viene sempre in mente un libro, che mi pare emblematico
delle occasioni mancate di Napoli, cioè di quella condizione che non permette
mai di riconoscere un processo come pienamente compiuto in questa città, che è
poi in realtà uno spazio che supera ampiamente i confini amministrativi di
Napoli. Si tratta di Dieci, di Andrej Longo, un libro che poteva essere,
che sembra sempre sul punto di essere Napoli, e poi per una ragione o per
l’altra si condanna all’incompiuto, si condanna a una lotta costante con una
lingua che sembra davvero una forza invincibile, una forza che non si riesce
mai ad addomesticare, che attraversa con forza gli sforzi di dire Napoli, ma
che resta inattendibile fino in fondo. Ecco, indicherei quel libro, che non mi
ha pienamente convinto, proprio come emblematico di quello che sembra un
destino di queste terre. Altrimenti, altra lotta con la lingua, Malacqua, di
Nicola Pugliese, oppure Il mare non bagna Napoli, della Ortese, di altro
spessore, sicuramente.
La cultura
araba rientra, in modo concreto, fra le tue passioni. Quali scrittori poco
conosciuti in Italia consiglieresti a un giovane lettore?
Sì, mi
piace molto il mondo islamico, ma non solo. Tra gli autori di questo universo è
difficile scegliere, sarebbe come indicare un solo autore per l’Europa intera.
Si tratta di una vera e propria ecumene culturale. Qualche nome ce l’avrei. Inizio
con ‘Abd Ar-Rahman Munif, del quale credo che “All’est del Mediterraneo” sia un
capolavoro assoluto, se devo anche scegliere qualche titolo. Poi penso a Sahar
Khalifa, voce straordinaria dalla terra martoriata della Palestina e poi
segnalerei un nome dall’Iran, Sharhnush Parsipur, straordinaria davvero.
Poi la cultura araba in terra europea, tra le cui voci segnalo da anni quella
di Kader Abdolah, esule iraniano in Olanda, che continua una instancabile
traduzione della cultura d’origine in contesto europeo.
Un bel
saggio che hai consigliato di recente ai tuoi allievi?
Qui è
ancora più complicato, il saggio che consiglio sempre ai miei studenti,
soprattutto se non lo hanno tra i libri di testo, è quello di Robert Castel, il
saggio intervista con Claudine Haroche, Proprietà privata, proprietà sociale,
proprietà di sé. Ma potrei sembrare di parte. Altrimenti, molto bello e che mi
ha fatto molto riflettere e che penso sia utile per capire come funziona un
mondo visto in genere con occhi molto diversi, e che per questo consiglio, è
“Il cucchiaino scomparso” di Sam Kean. Capisco però che può sembrare strano
come riferimento, ma è un altro mio pallino, la cultura legata alle scienze,
fisica, matematica, ne sono affascinato e cerco di tenermi aggiornato.
A quanti
anni hai scoperto i libri di narrativa e qual è stato il primo romanzo che hai
letto?
La
memoria non è il mio forte, a dire il vero, quindi direi il falso sicuramente.
Ma ci sono alcuni episodi che mi sono rimasti impressi. I libri consigliati a
scuola sono stati i primi romanzi, racconti, di cui ricordo “La strada per
Agra” di Aimée Sommerfelt, e Telé di Pina Lamberti Sorrentino. Poi per me ci fu
un allontanamento dovuto a Dickens, “David Copperfield”. Ci misi un paio d’anni
per tornare alla lettura e diventare in realtà solo da quel momento un vero
lettore, quasi seriale. Mi ricordo il primo romanzo prestato, letto due volte
in pochi giorni, che era “La nausea” di Sartre e poi il primo acquistato in una
libreria di Aversa che forse conosci, “I dolori del giovane Werther” di Goethe,
letto tutto d’un fiato in un giorno e da lì non mi sono fermato più, almeno
fino ad adesso.
Insegni
anche ai detenuti sottoposti a regimi particolari. Che cosa ti ha insegnato
questa esperienza?
Ho
fatto qualche esame a detenuti studenti, per la precisione. Un paio di casi mi
sono rimasti. Uno riguarda un detenuto nominato anche in un libro fin troppo
noto concernente le nostre terre, seguito da una madre che veniva costantemente
a prendere notizie, cercava di capire programmi, le cose da studiare, procurava
i libri al figlio. Che si è impegnato anche per un periodo. poi era indeciso,
forse frustrato per la mancanza di futuro di cui ora si rende sempre più conto.
Sto parlando di qualcuno che probabilmente non uscirà più dal carcere. Caso
simile a un altro detenuto, più avanti negli anni, che rimpiangeva di aver
trovato troppo tardi i libri sulla sua strada, di aver rovinato la sua vita.
Quest’ultimo continua a impegnarsi e superare brillantemente gli esami. Quel
che mi viene ogni volta in mente è che investire in educazione, nella scuola,
diffondere cultura è davvero un metodo efficace di contrasto della criminalità,
davvero delicata è quindi la missione di chi deve insegnare, può segnare il
destino di una persona e non solo, può aprire orizzonti che non si chiuderanno
più. O che comunque apriranno al dubbio, apriranno all’alternativa. Ma non deve
essere una sorta di somministrazione di nozioni e via, si tratta di lavorare a
fondo con i ragazzi, di spingerli a rispettare la voce degli altri, che la si
trovi stampata nei libri o per la strada, poco importa. Mi ha insegnato che non
si fa mai abbastanza, questa esperienza. Che occorre non mollare mai e che
bisogna lavorare sempre, perché anche piccole gocce di passione possono cambiare
vite.
Ciro Pizzo*
si è laureto in Filosofia nel 2000 presso l’Università di Napoli Federico
II (110/110). Si è occupato, negli anni, di studi legati al controllo sociale
di vari fenomeni di devianza, da quella imputata ai Rom e ai gruppi marginali
sino alla follia. Collabora alle attività didattiche degli insegnamenti di
Sociologia giuridica, Sociologia, Topografia dello spazio sociale, Sociologia
del mondo islamico, Istituzioni e nutamento sociale presso il “Suor Orsola
Benincasa”. Il suo ultimo libro è: “Ordines
moderni. Per una euristica degli ordini della modernità” pubblicato da La Città del Sole Editore.