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Guida turistica breve di Aversa

Guida turistica breve di Aversa

Progetto “Aversa Diversa: 1° Cultura, 2° Turismo”

Progetto Aversa Diversa
 

Letteratura | Pittura | Fotografia | Musica | Cinema | Teatro
Andrés Barba, “Agosto, ottobre”, Mondadori Luigi Alviggi

Foto ALVIGGI Barba.jpg

Il protagonista è un
quattordicenne madrileno portato dalla famiglia al mare per le vacanze, come
ogni anno, a ritrovare gli amici di sempre. A turbare il periodo festivo c’è,
però, quest’anno, la grave
malattia della zia Eli, sorella del padre, che sconvolge i sereni progetti
della famigliola: oltre Tomás, i genitori e Anita, la sorella più piccola.
Fisicamente lui è già un uomo e cova dentro la smania per diventarlo sotto ogni
profilo. Nella breve estate cumulerà esperienze fondanti e un grave peso sulla
coscienza che, se da un lato lo faranno maturare, dall’altro lo guideranno
verso direzioni inattese che, se garantiranno il passaggio all’età adulta, lo
faranno in maniera non indolore.
>>> continua >>> 


Ma non sarà solo questo. Capiterà
l’occasione per sperimentare un mare di novità: nuovi discorsi, nuovi
atteggiamenti, nuovi modi di porsi dinanzi ai divieti e alle concessioni
genitoriali. Viene intrapreso il percorso da fanciullo ad adulto in erba, e
crescere non è mai un processo senza discontinuità e turbamenti. Segno
preminente del mutamento è l’iniziare a guardare ai genitori e alla stessa zia
sotto una luce diversa. Non più fonti di autorità ed ammaestramento, ma
individui, per certi versi estranei, con meriti e colpe. Inquadrare su uno
sfondo di cruda realtà chi per anni è stato l’unico riferimento, fa crescere
come null’altro. E crescita è anche il balordo esperimento di mettere alla
prova le capacità fisiche, rimanendo sott’acqua oltre il limite, rischiando
l’annegamento per uno stupido volendo conoscere i propri limiti, o, meglio,
collaudare il nuovo sé che sbuca impavido dai timori adolescenziali. È il punto
di svolta. I divieti paterni si indeboliscono, aumenta a dismisura la voglia di
nuove emozioni. È un Tomás diverso che chiede vacanze diverse, a voler marcare
con autorità la propria presenza distinta ed unica nel mondo.

 

  
Scartati i vecchi amici per un misto di invidie e rancori di antica data
– realizza solo ora di essersi sentito, per certi versi, inferiore a loro -, si
avvia verso luoghi proibiti e subito incontra un quartetto di coetanei che di
sicuro i genitori non approverebbero. Il loro bullismo iniziale viene superato
con un attacco spericolato, anche se dentro è preda di una paura dannata.
L’istinto gli suggerisce che chi colpisce per primo, colpisce due volte. Nulla
di trascendente, per entrare in un gruppo di malavitosi quindicenni non è
ancora alto il prezzo da pagare.

 

  
Andrés Barba è nato a Madrid nel 1975 e la prima notorietà l’ha avuta
con il libro “La sorella di Katia“, pubblicato in Italia nel 2005. Viene
annoverato tra i più promettenti giovani scrittori spagnoli. Suo merito è farci
scorrere sotto gli occhi, facilitato in questo anche dall’età, nitide immagini
di giovinezza. Essa è tutta lì, descritta con le sue impuntature, con le
incertezze, coi dubbi che nascono immediati, con le corse in avanti per poi,
d’improvviso, tornare alla retroguardia, abbandonando posizioni conquistate
poco prima. Uno sporgersi ed un ritrarsi nell’altalena della crescita, un
pregio, questo, dell’Autore non da poco.

 

Lo stile narrativo è di un fascino
raro; il lessico è comune, ma le composizioni insolite. Barba non si ferma alla
superficie, ma ama scendere in dettagli insoliti come chi è alla ricerca della
vera natura di quanto ci circonda. E questo, tanto per cose, che per persone.
Egli indaga, con la sagacia di un ricercatore, anche le immagini più comuni
ponendone in evidenza aspetti inconsueti. Nelle persone fa affiorare
suggestioni inattese, aspetti fisici minuti, accostamenti imprevedibili,
pensieri subconsci. Possiede originali capacità di analisi e sfoglia gli
aspetti dell’esaminato come le voci composite di un indice analitico, una
propensione proustiana verso le minime sfumature. C’è, invero, nell’insieme
qualche forzatura di elucubrazioni, ma è chiaro che sono minuti incidenti di
percorso. Il procedere nella maturità dissiperà le piccole nebbie stagnanti.

 

L’iniziazione sessuale – il passo
più ambito – si compirà la sera della fiera del paese con una delle ragazze del
nuovo gruppo, di cui non sa nemmeno il nome. Simili in tutto, gli riesce
difficile distinguerle. Sarà ad un tempo vittoria esaltante e sconfitta
umiliante. Pagherà l’inesperienza a fronte della più esperta, eppure un
successo perché per la prima volta si confronterà con l’altro sesso, conoscerà
il corpo femminile, assaporerà la bocca di lei ingurgitando sensazioni che, pur
allo stato indigeribili, rimarranno a riferimento futuro. Il cambiamento totale
è avvenuto. Quando, per caso, la stessa sera incontra i ragazzi del vecchio
gruppo, può solo marcare la distanza abissale che si è creata con loro, li
sentirà abitanti di un altro mondo. L’unico contatto-sfogo possibile è fare a
botte con uno di loro. Scopertosi sulla sponda opposta del fiume, la troppa
acqua che scorre in mezzo è oramai invalicabile. 

 

E il cambiamento culmina con la
fine della zia. Tutto accade in quell’agosto caldo e virulento che, in un sol
colpo, appare voler liberarsi dei mesi, degli anni tutti che lo hanno
preceduto, scaricando, per Tomás, d’improvviso la fanciullezza e guidandolo,
maestoso, nell’età adulta.

 

“Era un lutto bianco,
lugubre di pura luce, e ora schiudeva
le
sue morbide e grandi porte. Il bianco era il colo­
re della morte. Quasi non parlarono, quel giorno. Per certi versi sembrava avessero già ripreso la vita invernale con i suoi obblighi, e che ciascuno di loro portasse in sé il peso di quelle preoccupazioni che non si condividono, perché da poco, ma che com­pongono l’esistenza di tutti i giorni. Accoccolate dietro le labbra chiuse c’erano le cose che avevano provato e che solo molto timidamente si spingeva­no a dire. Il modo in cui stavano vivendo la morte della zia Eli esprimeva il loro reciproco appartener­si, la loro somiglianza, ma anche la loro solitudine. Cominciò ad avvertirlo lì, mentre faceva la valigia, dapprima come una specie di irritazione diffusa e priva d’oggetto, poi in modo freddo, con autentica rabbia. Lo avevano ingannato. Non i suoi genitori nello specifico, ma tutti. Era stato ingannato. Sollevò la mano e se la piazzò davanti, rimanendo a fissare quel pensiero come un folle. A tratti si vergognò di non averlo capito prima. Ma cos’era, esattamente, che aveva capito? Non
lo sapeva. L’inganno. Una
specie di
vento che si era alzato investendo tutte le cose, ammassandole contro un angolo
del mondo.
Sentiva uno strano desiderio di essere
violento, im­petuoso, vorace, come se qualcosa potesse sbucare da quelle dune
illuminate e divorare in un boccone
anche lui,
come aveva fatto con la zia Eli. L’estate
era
finita. L’indomani avrebbero preso il treno del
ritorno, e si sarebbe trovato di nuovo in città. Tutto sarebbe finito
così? Non poteva finire così.”

 

Ed ecco, incontrando per l’ultima
volta i nuovi amici, sull’onda dell’ebbrezza e di altro cresce la foia
collettiva, e il destino vuole che capiti a tiro la meno preparata, la più
esposta, la ragazza più debole, e tutto si consuma nel silenzio e nell’inquietudine
collettiva, quasi l’oblio volesse sommergere anzitempo quanto ancora non è
accaduto. Tomás, l’iniziatore, si mantiene meno colpevole degli altri ma
finisce con il sentirsi primo responsabile. La coltre del rimorso, incessante,
scende su di lui con i suoi effetti a lenta penetrazione. L’agosto si spegne su
sentimenti ad un tempo nuovi ed antichi.

 

È ottobre. Il ritorno a casa se
pone fine alla “sbandata” dà inizio alle riflessioni. Da qui al malessere, alla
paura, indistinta e globale, agli incubi, all’angoscia, il passo è breve. Tomás
si taccia di vigliaccheria per non aver pensato a fermare gli altri, a
bloccarli nell’atto vergognoso che stavano compiendo ed aver dissimulato il suo
vero sentire fingendosi partecipe allo stupro collettivo verso chi non era in
grado di difendersi. Il mondo intorno stravolge le dimensioni solite. Anche
l’interesse di una compagna di classe per lui viene enucleato e spogliato di
ogni attrattiva. Anziché fornirgli piacere provoca disgusto e ripugnanza, ed
ogni cosa bella viene contaminata dalla peste del ricordo. Trovare per caso le
chiavi della casa della zia Eli lo spinge alla fuga, lasciando uno scarno
biglietto ai suoi. La fuga adolescenziale è un classico delle analisi su questa
età della vita. Essa rappresenta un tentativo di scampare alla tensione
derivante da conflitti angosciosi e duraturi mutando il teatro d’azione, la
realtà circostante. Ed infatti Tomás sente di dover tornare, solo, al luogo di
vacanza, alla ricerca del sé di prima. Pensa, rientrando in quei posti, di
recuperarlo, di raccattarlo per strada e di nuovo congiungerlo al lui di
adesso. Un modo per ritrovare la pace in e con se stesso. E come se non
rivedendo lei? La prima prova che lo attende è però dormire nella casa della
morta ove hanno staccato la luce e tutto si veste di riflessi paurosi. Vaga poi
due giorni prima di riuscire a scovarla.

 

“Era seduta davanti al supermercato, su una stretta panchina, con due o tre sacchetti di plastica
accan­
to ai piedi. Fissava la porta
automatica che si apriva e si richiudeva come se stesse aspettando qualcuno.
Non ebbe la certezza che fosse lei fino a quando
non
si avvicinò a pochi metri.
Indossava una gonna di
panno marrone
e un maglioncino blu sul quale era
ricamato
il muso enorme di un gatto, aveva i capel­
li più lunghi e raccolti in una coda troppo alta, che partiva quasi dalla sommità del cranio. Provò pudo­re nel vederla così brutta, un pudore impietosito
e
un po’ violento, come quello che a
volte aveva pro­
vato vedendo una
persona cara rendersi ridicola da
vanti
ad altri che l’avrebbero giudicata senza pietà.
L’autunno le era passato addosso, come a tutti, ma lei sembrava averlo accusato meno degli altri,
miste­
riosamente estranea, con la
rusticità sempliciotta del­la ragazza di campagna. I suoi occhi erano molto più
piccoli di come li ricordava, due occhi definiti, minu­
scoli, come due sottili linee orizzontali, due
tacche
nella pelle spessa del viso.
Il cuore prese a battergli con furia, e pensò che parlando la voce gli sarebbe
tremata. Ebbe l’assoluta certezza che sarebbe
stato un fallimento assoluto. Fece diversi passi nella sua
direzione, poi si fermò, intimorito. Non sapeva
nep­pure da dove cominciare. Marita si
girò
verso di lui.”

 

L’incontro non risolve nulla. È
solo chiaro che il modo in cui la vittima ha vissuto e ricorda quei brutti
momenti è del tutto dissimile da quanto dolorosamente prova nell’animo Tomás.
Decide allora di rientrare a Madrid, ma l’indomani per il bus rimangono da
attendere diverse ore. Una forza autonoma lo spinge di nuovo alla scuola di
lei. Vi trova una festa in maschera ed ecco che, su richiesta di lei, rimane a
farle compagnia.

 

Marita
si diverte moltissimo e l’accompagna al bus a festa finita. Si abbracciano. Lui
ritrova quanto cercava, a sorpresa, nel veicolo che lo accoglie, e può partire
quietato per casa, per la famiglia in massima agitazione. Le pene si sono
dissolte anche se il suo temperamento riflessivo non afferra l’evoluzione. Non
ha fatto molto ma le cose si sono sistemate in una pace insperata e
l’opportunità fornita ha funzionato da balsamo per l’animo esacerbato.
Attraverso la felicità della ragazza per la rivalsa nel proprio ambiente, può
compiacersi con se stesso ed alleviare il senso di colpa, in effetti
sproporzionato rispetto al misfatto personale. Ha saputo donarle ore di sincera
amicizia, e farla comparire diversa dinanzi ai compagni di scuola, in
familiarità con un ragazzo normale. Il dono più grande per dar modo alla storia
di entrambi di voltar pagina, una singolare iniziazione per un nuovo capitolo
o, auspicabilmente, per un’intera nuova vita. Ma basterà questa manciata di ore
a riscatto a garantirgli un futuro sereno?


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