Il 19 giugno del 1970 c’ero ( mi trovavo con il complesso a suonare a Marina di Ravenna nel locale “Le ruote” gestito da un ex ciclista professionista), ieri sera… anche: dopo tanti anni la storia si ripeteva, quasi. Anche allora
Il richiamo scattò ieri sera nel momento degli Inni: ricordai improvvisamente la strana atmosfera che ci avvolse nel ’70 nel momento dell’inno tedesco cantato a bassa voce da 100 tedeschi vicini alle nostre orecchie; mi ritrovai a pensare e ripassare i versi di una gustosa poesia di Giuseppe Giusti, “Sant’Ambrogio”, in cui il poeta si trova nella chiesa tra soldati Boemi e Croati ad ascoltar il coro de “I Lombardi alla prima crociata”, ” Oh Signore dal tetto natìo che introduce “… un cantico tedesco lento lento per l’aer sacro a Dio mosse le penne: era preghiera e mi parea lamento…sentìa nell’inno la dolcezza amara de’ canti uditi da fanciullo: … un desiderio di pace e di amore…qui se non fuggo abbraccio un caporale colla su’ brava mazza di nocciolo, duro e piantato lì come un piolo. Non abbracciai né tedeschi né tedesche, ma l’emozione era possibile e contagiosa. L’inno tedesco non rispecchia il carattere tedesco duro e militaresco nell’immaginario collettivo: pacato, appoggiato, solenne, composto da Joseph Haydn, in altre composizioni allegro e spumeggiante, invitava, nel momento dell’adozione, (Deutschland uber alles) i tedeschi a considerare sopra ogni cosa l’unità della patria e non, come erroneamente si crede, il dominio sugli altri. Hitler infatti fu ispirato, nei suoi slanci utopistici, dalla musica più sanguigna e poderosa di R. Wagner. Il nostro inno, composto nel 1847 dal poeta G. Mameli e dal Maestro A Novaro, ignorato per il suo spirito Repubblicano nel periodo Sabaudo, proposto come inno provvisorio nel 1946 e sancito definitivamente il 18 luglio 2006 con decreto che allega lo spartito musicale e relative modalità di esecuzione, è ancora alla ricerca di una definitiva consacrazione; nello spirito, nella scansione ritmica e nell’andamento, conserva ancora quel carattere garibaldino con cui era nato con un andamento da marcetta che ispira poca solennità; qualche tentativo è stato fatto dal Maestro Salvatore Accardo che lo propose in una versione più solenne ed intimista con un maggiore uso degli archi ed un maggiore rispetto della melodia spesso sovrastata dalla rumorosa ritmica. Quella partita del ’70, sembrava conclusa, vinceva L’Italia Quella notte si dormì poco, la mattina quando partirono, ancora meno: passando davanti alle nostre camere si divertirono, mentre eravamo ormai nel sonno più profondo, a bussare con chiassosa insistenza: fu la loro teutonica vendetta sollecitati dalle irrequiete walchirie che li accompagnavano, fra cui molte di notevole aspetto, e cavalcarono fino in fondo al corridoio allontanandosi con i rumori in dissolvenza e concludendo, con i clacson dei pulman che partivano, la loro breve ed amara permanenza a Marina di Ravenna, che si trova poco più su della linea gotica. Questa volta, però, in modo molto più decoroso realizzarono, sempre con il nostro contributo di… italiani, la loro ennesima… ritirata per