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AVERSA / Gli alunni della Parente e “I ragazzi della terra di nessuno” di Gianni Solino Gilda Soccodato

Ragazzi della terra di nessuno G. Solino.jpg

Tradurre in immagini teatrali un testo scritto talvolta può diventare un interessante veicolo di crescita umana e sociale. È questa l’esperienza che gli alunni della Scuola media statale “G. Parente” di Aversa hanno maturato, lavorando per circa un mese sul libro “I ragazzi della terra di nessuno“, e che hanno poi manifestato al suo autore, Gianni Solino.

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L’incontro con lo scrittore, preparato dagli stessi alunni con l’aiuto dei loro docenti, si è tenuto nella sala teatro della scuola il 17 febbraio scorso, ed è stato promosso dall’associazione culturale Accademia Italiana Domenico Cimarosa nella persona del prof. Enzo Maiorca, docente di scienze matematiche nella medesima scuola.

 

“I ragazzi della terra di nessuno” si articola in dodici storie brevi, vere e solo in qualche tratto un po’ ritoccate, ambientate nel quadrilatero Frignano-Villa di Briano-Casal di Principe-Aversa, territorio casertano tristemente famoso perché a lungo scenario di guerre intestine tra clan camorristici rivali. Qui, mentre la popolazione assiste frastornata alla guerra guerreggiata per strada, che lascia sull’asfalto decine e decine di morti l’anno, si svolgono le vicende di Diego, Luciano, Rita, Antonietta, Fabio… tutti adolescenti o poco più che ragazzi, tutti potenziali vittime del “sistema camorra”, come lo ha ribattezzato Roberto Saviano.

 

Il filo rosso che collega i vari episodi del libro non è però la guerra tra bande, le fughe, le ritorsioni, i delitti… né la morte. E‘ piuttosto la speranza di un riscatto morale e umano dei personaggi nati dalla penna di Solino e che lo stesso autore auspica, evidentemente, anche per i lettori del suo libro.

 

Un riscatto che può arrivare all’improvviso, anche nelle esistenze più strambe e precarie. Come succede nella vita di Luciano, il protagonista dell’ultimo, toccante episodio del testo, che cambia esistenza per amore di Rita.

 

Ma non solo l’amore spinge a modificare rotta. Talvolta è l’aver assistito all’omicidio di un parente, di un amico caro, che veicola la metamorfosi umana dei personaggi del libro, per i quali è come rinascere una seconda volta.

 

«Anche nella mia vita  – ha confidato ai ragazzi Gianni Solino durante il dibattito che ha animato l’incontro – c’è stato un episodio per me scatenante, la morte cioè di don Peppe Diana. Ma già esisteva dentro di me l’esigenza di scrivere di “certe cose”. Solo che quell’esperienza l’ha fatta venire a galla in maniera pressante».

 

E ai ragazzi che gli hanno domandato come mai la camorra faccia tanti adepti tra i giovanissimi, lui ha risposto: «La camorra fa presa sul cuore dei giovani perché evidentemente è “un ascensore sociale”, o tale loro la considerano. Cioè, ti permette di salire, e anche molto in fretta, ai piani alti dai piani bassi».  

 

Ma l’inganno di questa chimera che è la criminalità organizzata è che, pur salendo in fretta nella graduatoria sociale, il soggetto non cambia interiormente, non migliora. Anzi. Sconfiggerla significa perciò innanzitutto sconfiggere l’assuefazione ad essa che lentamente si insinua nel sistema sociale, nelle menti dei ragazzi come qualcosa di ineluttabile e immobile.

«Mi raccomando a non voler fare a tutti i costi gli eroi – precisa però Solino -. Nemmeno don Peppe Diana voleva essere un eroe, ma lo è diventato suo malgrado».

 

Chiacchierando con l’autore è emerso, poi, che la gestazione del libro è stata abbastanza sofferta emotivamente.

 

Nella riscrittura del titolo, infatti, sono evidenti le tracce di un ripensamento non trascurabile. «Quando ancora lo stavo scrivendo – ha spiegato infatti Gianni Solino – avevo deciso che il libro si sarebbe intitolato “Racconti della terra di nessuno”. Poi con l’editore abbiamo cambiato il titolo perché era più efficace nella seconda maniera, insistendo sul termine “ragazzi” è non più su “racconti”. Perché i ragazzi della terra di nessuno siete voi, siamo tutti noi».

 

Perfettamente in linea con quanto detto dall’autore sono state le rappresentazioni drammatizzate di alcune delle storie narrate da Solino: Diego non si trova, Il fratello di Antonietta, La scelta di Luciano. Racconti, questi, che evidentemente hanno colpito l’immaginazione e la fantasia dei ragazzi, al punto tale da voler lavorare in classe coi docenti sulla tipologia del racconto breve, e in teatro sulle tecniche di riscrittura rappresentativa di un brano.

 

La scuola è per sua definizione un laboratorio di esperimenti, una fucina di idee nuove e perciò stesso deve poter dare ai ragazzi il luogo per costruire percorsi alternativi. Come hanno fatto i ragazzi della “Parente” rileggendo con occhi nuovi un bel libro.

 

Perché è vero che, come ha detto Solino,«la lettura è un piacere in sé». Ma è altrettanto vero che, se motivati, i ragazzi sanno cogliere il senso ultimo delle cose in maniera più lucida degli adulti, ed entusiasmarsi al cambiamento. Anche quando esso, agli occhi disincantati dei grandi, può sembrare lontano e irraggiungibile.

 


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