“Un contadino, durante la stagione invernale, trovò un serpente intirizzito dal freddo e ne ebbe compassione”.
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“Lo raccolse, perciò, e se lo mise in petto. Ma questo, così riscaldato, non appena ebbe ripreso i suoi naturali istinti, morse il proprio benefattore e lo avvelenò. E questi, mentre stava per morire, esclamò: “Me lo sono meritato, dal momento che ho avuto compassione nei confronti di uno scellerato”.
La favola insegna che le persone empie rimangono tali anche quando ricevono i più grandi benefici.
Esopo (Grecia, VI secolo a.C.) – Favole: Il contadino e il serpente
“Le donne? Innamorate o amate, sono eterne spogliatrici degli uomini. Ecco l’esempio.
Una donna di media età, celando gli anni con eleganza e stile, teneva ancora avvinto a sé un tale già preso da una donna bella e giovane. E l’una e l’altra, con l’intenzione di essergli coetanee, tormentavano a turno i suoi capelli. All’apparenza l’acconciavano con una cura tutta femminile. Finì che, sul più bello, quegli si ritrovò calvo. La giovane aveva strappati, uno per uno, tutti i suoi capelli bianchi e la più vecchia tutti quelli neri.”
Fedro (Italia,
“Per un tempo che a molti sembrava immemorabile e che invece risaliva a un passato recente, Beirut era stata una delle contrade più gradevoli del nostro pianeta: un posto comodissimo per viverci e per morirci di vecchiaia o di malattia. Sia che tu fossi ricco e corrotto, sia che tu fossi povero e onesto, lì trovavi il meglio che una città possa offrire: clima dolce d’estate e d’inverno, mare azzurro e colline verdi, lavoro, cibo, spensieratezza che vendeva qualsiasi piacere, e soprat-tutto una gran tolleranza perché malgrado la babele di razze e di lingue e di religioni i suoi abitanti andavan d’accordo fra loro. I musulmani sciiti o sunniti coabitavano garbatamente coi cristiani maroniti o greco-ortodossi o cattolici, gli uni e gli altri coi drusi e gli ebrei, le litanie dei muezzin si mischiavano con disinvoltura al suono delle campane, nelle chiese non si maledivano i fedeli delle moschee, nelle moschee non si maledivano i fedeli delle chiese, nelle sinagoghe non si disprezzavano i fedeli delle une o delle altre, e ovunque si celebravano senza problemi i riti dei diciannove culti permessi dalla Costituzione.”.
Oriana Fallaci (Firenze 1929 – 2006) – Insciallah (1990)
“E quando l’universo avrà terminato di esplodere, tutte le stelle rallenteranno la loro corsa, alla fine si fermeranno e cominceranno di nuovo a cadere verso il centro dell’universo, come fa una palla gettata in aria. E allora non ci sarà più niente a impedirci di vedere tutte le stelle del mondo perché si avvicineranno, sempre più velocemente, e noi capiremo che il mondo presto sparirà, perché quando guarderemo il cielo di notte non ci sarà più il buio ma soltanto lo splendore di luce di milioni e milioni di stelle, tutte stelle cadenti.
Solo che nessuno se ne accorgerà perché non ci saranno sopravvissuti sulla Terra. L’umanità sarà estinta.”.
Mark Haddon (Northampton (G.B.) 1962) – Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte ( 2003)
“Certi uomini ricapitolano ogni giorno la loro storia personale, selezionando e mettendo in fila con cura i momenti migliori che hanno vissuto. Con scarsa modestia, hanno la sensazione di assistere al compimento di un progetto divino. Ogni successo ne annuncia un altro più grande, sempre più grande. Con il passare dei decenni sviluppano inevitabil-mente una forma monumentale dell’io che giova pochissimo alla loro percezione della realtà ma moltissimo al loro umore. Metz invece era dominato dal presente e il passato riappariva di rado e in frammenti, parziali ma visibili in ogni minimo dettaglio. Forse proprio per questo se ne teneva alla larga. Rivedeva persone e luoghi esattamente com’erano, riprovava le stesse sensazioni fisiche di allora, riascoltava quello che si erano detti. Era come il riaprirsi di una ferita. “Mai voltarsi indietro!” raccomandava a se stesso.”.
Claudio Piersanti (Abruzzo, 1954) – Il ritorno a casa di Enrico Metz (2006)
Se a ciascun l’interno affanno
si leggesse in fronte scritto,
quanti mai, che invidia fanno,
ci farebbero pietà!
Si vedria che i lor nemici
hanno in seno; e si riduce
nel parere a noi felici
ogni lor felicità.
Pietro Trapassi (Metastasio) (Roma 1698 – 1782) – dal “Giuseppe riconosciuto”