Giovedì 28 giugno ore 21.00, palazzo Lanza, proiezione: “SHOOTING SILVIO” di Berardo Carbone. Interverranno il regista Berardo Carbone e l’attore protagonista Federico Rosati. Il film è di Berardo Carboni. Con Federico Rosati, Melanie Gerren, Sofia Vigliar, Alessandro Haber.
Si fa chiamare Kurtz, è un giovane e ricchissimo orfano che si ispira al personaggio di Marlon Brando in Apocalypse Now, quella maschera enigmatica che già fu nel cuore di tenebra conradiano. Una sera, dopo lunghe meditazioni, decide di radunare nella sua villa tutti gli amici per proporre loro la stesura di un libro collettivo. Cento capitoli, scritti da altrettanti voci, per escogitare un modo che annienti lo strapotere di Silvio Berlusconi, reo di aver portato in Italia la decadenza dei costumi, il consumismo volgare delle pubblicità, simbolo di un paese ormai alla deriva. Dopo aver rimediato solo pacche sulle spalle e risatine, decide di persistere solitario nel suo progetto. Fino a portarlo a una drastica decisione: uccidere l’ex Presidente del Consiglio.
“Shooting Silvio” regala uno strano disagio nella mezz’ora iniziale, un senso di stordimento e di vago malessere, ma se si resiste fino al termine della proiezione, si assiste con pathos e cinica ironia a un esperimento anomalo nel panorama culturale italiano, un esperimento privo di sbavature e retoriche. Grazie a una regia che cela per incanto l’inesperienza del giovane Berardo Carboni – autore del libro prima, e della sceneggiatura poi – si può persino essere testimoni di un’ora e mezza di buon cinema: un intrigo fantapolitico che merita e strappa qualche applauso. Delizioso il cammeo di Remo Remotti nei panni di un tassista, gustosissimo quello di Alessandro Haber nelle vesti inedite di un filippino. Bravissimi e credibili gli attori, aiutati – poco – dai filmati d’archivio che ripercorrono i dieci anni della discesa in campo.
Quale giudizio si può dare a un regista che sceglie di portare sullo schermo, nella sua opera prima (soggetta dunque a una feroce critica) un tema forte, retorico e scontato come quello della “mutazione antropologica”? Certo, non esageriamo. “Shooting Silvio” non è un film imperdibile. Ma tra le decine di tentativi di trasporre sullo schermo il disagio di questi anni – dall’elitario caimano di Moretti al documentario in chiave futuristica di Deaglio – il lavoro del regista romano non sfigura, regalando del buon cinema che riesce persino a far dimenticare il suo tema principale.