Le allergie alimentari presentano una prevalenza del 3-4% negli adulti e del 6% in età pediatrica, sono maggiormente frequenti in età infantile e di solito tendono a scomparire con il passare degli anni, ma possono anche manifestarsi per la prima volta in età adulta.
La loro prevalenza sembra inoltre dipendere dalle abitudini alimentari individuali (consumo eccessivo o prolungato o esclusivo dell’alimento in causa) e dalle abitudini alimentari tipiche dei diversi paesi. In genere, gli alimenti che determinano con maggior frequenza manifestazioni cliniche di allergia alimentare sono: uova, latte, cioccolato, pesce, crostacei, arachidi, nocciole, soia, frumento, seguiti poi da vegetali e frutta come mela, noce, sedano, pomodoro, banana, kiwi, pesca, carota, pera, fragole ed inoltre alimenti che vengono trattati con coloranti conservanti ed antiossidanti (E220,E221, E222, E223, E224, E225, E226, E227).
Le manifestazioni cliniche possono interessare diversi organi ed apparati. Gastroenterico: sindrome orale allergica (prurito oro-faringeo con papule o vescicole ed edema labiale), nausea, vomito, dolori addominali crampiformi, diarrea. Cute: orticaria, angioedema al volto, dermatite atopica, prurito. Respiratorio: rinite, asma bronchiale, edema laringeo. Cardiovascolare:shock anafilattico, Neurologico: cefalea, convulsioni. La conoscenza dei componenti dell’alimentazione più frequentemente in causa costituisce il presupposto teorico essenziale per un corretto iter diagnostico-terapeutico delle reazioni avverse al cibo. La terapia consiste in una appropriata eliminazione dalla dieta degli alimenti responsabili (dieta restrittiva o ipoallergenica per 2-5 settimane); essa di solito comporta una regressione delle manifestazioni cliniche, sebbene un rapido controllo della sintomatologia acuta richieda spesso il ricorso alla terapia farmacologica attraverso l’uso dei farmaci della classe degli antistaminici.
Dottor Pasquale Persico
Gentile dottore, le scrivo per avere se possibile dei chiarimenti.
Sono un soggetto affetto da allergia al nichel sia quello contenuto nei vestiti e accessori che quello presente negli alimenti.
Ho cercato di fare chiarezza effettuando dei comuunissimi patch test il giorno 24/8/07.
Quì viene il bello…..difatti diversamante da come avviene per questi test, lo “scenziato” mi ha applicato un cerotto contenente nichel puro 100% da tenere per 3 giorni (72 ore).
Il problema è subito sorto alla ventinovesima ora, quando mi è sopraggiunta una poco felice crisi allergica. Sono stata accompagnata al pronto soccorso e subitamente sedata con bentelan e trineton.
Ho saputo dunque che i patch test di questi tempi non si dovrebbero eseguire poichè il caldo e la sudorazione eccessiva alterano il ph della pelle, falsando le analisi. E quì la mia domanda……MA LO “SCENZIATO” NON POTEVA SAPERLO???? Secondo lei è possibile sottoporre ad un paziente che già è affetto da allergia al nichel (che sfocia anche in un eczema e in una dermatite seborroica) ad un simile scempio?
Attendo ansiosamente suoi eventuali chiarimenti e risposte e la ringrazio per il tempo dedicatomi.