Il compositore Domenico Parmeggiano è stato a lungo negletto dopo la sua morte, benché fosse stata grande la sua fama in vita, facendolo ascendere nell’empireo dei musicisti aversani, di lui e delle sue opere ci si è presto dimenticati e soltanto recentemente la sua figura sta venendo, gradualmente, riscoperta. Ma per raccontare un musicista bisogna far risuonare la sua musica e, ancora oggi, restano sconosciute gran parte delle sue opere, salvo che per qualche spartito della sua vasta produzione di musica sacra, mentre restano solo i titoli di alcune arie e canzoni briose, che egli realizzò soprattutto per la festa di Piedigrotta, ove fu apprezzato autore.
Nella memoria degli aversani è rimasto il ricordo di un suo componimento che fu suonato per la prima volta nel settembre 1892 a palazzo Candia, in occasione del soggiorno ad Aversa dell’allora Principe di Napoli Vittorio Emanuele che si trattenne per alcuni giorni in città di ritorno da un giro d’ispezione alle esercitazioni militari nel meridione. La “Canzone d’o’ Prencepe” fu dedicata proprio al futuro sovrano Vittorio Emanuele III, elogiandone la bonomia abbinata al piglio guerriero ed esaltando la gioia degli aversani per la sua presenza, il testo fu composto dal poeta Arturo Diana su musica di Parmeggiano e fu cantato nel salone dei ricevimenti di palazzo Candia il 19 settembre 1892, dall’artista Antonio Ferrara. Tramite un’accurata ricerca d’archivio è stato possibile ritrovare presso la Biblioteca Reale di Torino un rarissimo spartito originale di quell’opera, con buona probabilità si tratta proprio dell’esemplare che fu donato al principe Vittorio Emanuele in occasione di quella visita e, successivamente, da questi consegnato alla biblioteca torinese. Finalmente è possibile rievocare quella lontana serata di festa ad Aversa e rileggere quei versi che meritarono a Parmeggiano il dono di una preziosa spilla da parte del principe: “Stammatina ’e reggimenti so’ turnate ’a Pignataro, che priezza e quanta gente ’e so’ ghiute a salutà! E lo Prencepe è turnato n’autra vota a’ sta città, che da quando se ne jette sempe a isso sta a penzà!