Nella prefazione, Maurizio de Giovanni pone l’accento sul
sentimento religioso, qualcosa di ben diverso dalla religione, ripetendo più
volte il postulato: “Crederci. Non crederci”. La religione possiamo intenderla
come assioma di regole di vita, precetti, riti, e osservanze specifiche,
espressioni del sentimento trascendente che lega l’essere umano a una Entità
Superiore nella quale egli crede e confida. Il miracolo – afferma il prefatore
– è
un sogno collettivo, la speranza di un
popolo di uscire dal buio… È la speranza
sottile e irrazionale che il destino abbia qualche aspetto che con le leggi della natura, fredde e non modificabili, non ha nulla a che fare. La speranza che basti chiamare, a gran voce,
e qualcuno prima o poi risponderà.
>>>continua>>>>>
E il miracolo di San Gennaro – mirabilmente descritto
dall’Autore anche se questo lavoro risale al maggio 1831, pubblicato sul
mensile The Catholic Magazine and Review – rappresenta uno dei focus
per i quali le parole citate rivestono particolare rilevanza. Anche se un po’
messo in ombra dai tempi odierni, che troppo spesso corrono dietro mode
momentanee dimenticando aspetti passati meritevoli di attenzione, la sequenza
dei passi della sontuosa cerimonia religiosa che si svolge tre volte l’anno – tra
le quali il 19 settembre, festa del Santo, e nella ricorrenza del trasferimento
delle reliquie -, non è affatto mutata nei quasi 190 anni trascorsi. Il sangue
si sciolse anormalmente durante la visita di papa Francesco a Napoli nel marzo
2015. Si ha memoria dell’evento dal secolo XII e la cronaca di Weedall è molto
dettagliata, davvero ogni aspetto della cerimonia è descritto nei minimi
particolari. Sino alla presenza delle “pie” donne e ai loro epiteti smodati (faccia
‘ngialluta, e via dicendo) e all’analisi della struttura delle ampolle, per
demolire l’ipotesi che sia il calore delle mani del sacerdote officiante a
sciogliere il sangue. Non manca anche una completa anamnesi storica, di cui
riportiamo un tratto:
Nella persecuzione di
Diocleziano egli fu martirizzato a causa
della sua fede a Pozzuoli, (che è
l’antica Puteoli), essendo stato da prima esposto alle bestie feroci nell’anfiteatro, i cui ruderi formano ancora un importantissimo oggetto in quell’importantissimo luogo; ma essendosi le
feroci bestie ricusate a farsi ministre della ingiusta crudeltà di quel tiranno, S. Gennaro in uno co’ suoi compagni pervennero alla gloria
del martirio colla spada.
Come è palese, lo stile narrativo può far invidia a un
giornalista dei tempi attuali. L’intero testo del libro è bilingue: italiano e
inglese. Diocleziano (244 – 313) fu imperatore dal 284 al 305 e la sua grande
persecuzione dei cristiani ebbe inizio nel 303. San Gennaro (? 272 – 305) fu
una delle tante vittime illustri. Ricordiamo che l’editto dell’imperatore
Costantino (313) darà libertà di fede religiosa a ogni cittadino romano.
Il reverendo Henry Weedall (Londra 1788 – 1859) – nominato in
seguito vescovo, titolo cui rinunciò – insegnò Lettere e Sacre Scritture e
viaggiò in Italia appunto nell’anno 1831, avendo occasione di avere un posto in
prima fila nell’Arcivescovato – Chiesa di S. Gennaro veniva allora detta -, ove
poté osservare da vicino tutte le fasi della trasmutazione del sangue del Santo
Martire, credendovi totalmente. La presenza dell’Autore avvenne proprio in
coincidenza con la visita di omaggio del re Ferdinando II di Borbone alla
cerimonia. Assistere a questo prodigio fu – dichiara Weedall – il motivo
principale che lo spinse ad arrivare nella città, ed egli difende a spada
tratta la sua assoluta convinzione nell’evento:
Se ci sia chimico alcuno, il quale tenga ciò per possibile ad
accadere, appresti costui qualsivoglia sostanza,
che possa credere più conducente al suo disegno. La racchiuda a quel modo stesso, com’è racchiuso il
sangue di S. Gennaro. Vi applichi quella medesima quantità di calore, come nel
caso nostro; e se ne seguirà il medesimo risultato, sarà tempo allora di far caso de’ suoi argomenti. Quanto
è a me, tengo per fermo che costui
accenderebbe più presto una candela,
accostando la sua mano al piede del candeliere, anziché liquefare qualunque sostanza con quelle circostanze
simili al nostro caso.
Minor fede abbisogna a credere un miracolo, di quella che si richiede, che qualsivoglia chimico processo
possa aver tanta forza da smentire un siffatto miracolo
L’articolo originò un nutrito dibattito sulla stessa rivista tra
credenti e non credenti, chiamato poi Januarian Controversy. A seguire,
nel 1836, l’abate Antonino De Luca – del quale è la traduzione italiana
riportata nel testo -, convinto anche lui della genuina sacralità del fenomeno,
intervenne sulla diatriba e pubblicò un “Elenco di varie opere nelle quali
si fa menzione della miracolosa liquefazione del sangue di S. Gennaro”,
opera di Mons. Giovanni Rossi, poi Direttore della Biblioteca Borbonica di
Napoli. Tale lavoro è presente in appendice del libro.
Weedall si iscrive in una lunga lista di personaggi famosi che,
di proposito o di passaggio, furono testimoni della liquefazione del sangue,
taluni scettici, talaltri no. Citiamo tra tutti Alexandre Dumas padre (1802 –
1870) che parla ampiamente – nel suo “Il
Corricolo” (1843) – della storia di S. Gennaro e del miracolo e così
conclude la sua testimonianza:
Ora, che il dubbio erga la sua testa
per negare, che la scienza levi la sua voce per contraddire: ecco ciò che è,
ecco ciò che si fa, e si fa senza mistero, senza soperchieria, senza
sostituzione, a vista di tutti. La filosofia del secolo XVIII e la chimica
moderna v’han perduto il loro latino: Voltaire e Lavoisier han voluto mordere
quella teca e, come il serpente della favola, v’hanno consumato i loro denti.
Ora, è un segreto custodito dai
canonici del Tesoro e conservato di generazione in generazione dal IV secolo
fino a noi?
È possibile; ma allora questa
fedeltà, si dovrà convenirne, è ancora più miracolosa del miracolo.
Io preferisco credere semplicemente
al miracolo; e, per parte mia, dichiaro di credervi.
La sera tutta la città era
illuminata e si ballava nelle strade.