Il nuovo "L'Eco di Aversa" è una riedizione del foglio cittadino fondato da Gaetano Parente nel 1861. Il logo riprende un dipinto di Gennaro Conti, del 1886, raffigurante il sindaco Gaetano Parente nell'atto di indicare a Vittorio Emanuele la Via Roma.
È questa l’opera d’esordio nel campo letterario dell’Autrice
(Milano, 1968), giornalista e direttore editoriale di riviste economiche. Vi è narrata
la saga di una famiglia piemontese, di umili origini ma dai saldi legami
parentali, dagli anni venti del secolo scorso sino ai giorni nostri. Le
vicende, ambientate nei bei luoghi intorno Stresa, godono del magnifico sfondo
delle vedute sul Lago Maggiore. Il lavoro di ombrellaio ambulante, nei tempi
passati, è stata la tradizione passata di padre in figlio, tutti provetti in
questo antico mestiere. >>>
“E’una passione per me” afferma il giovane artista Paolo Liotto che da diversi anni si cimenta nella realizzazione di vari presepi natalizi.
Lo fa anche quest’anno per il secondo anno consecutivo, in grande stile, con la rappresentazione di 10 scene struggenti di un presepe particolarissimo nella sua specie: il Presepe Pasquale. Un’opera molto suggestiva da ammirare per la sua bellezza, per la sua semplicità e magnificenza. Presente e attiva anche la pagina di Fb “Arte presepiale di Paolo Liotto”
Paolo, ci conduce nel cuore della Passione, Morte e Risurrezione del nostro Signore Gesù Cristo, nei giorni della Pasqua ormai imminente.
Si tratta di dieci scene struggenti della Settimana Santa, dall’ingresso di Gesù a Gerusalemme fino alla Resurrezione senza dimenticare l’Ultima Cena, il Monte degli Ulivi, la Flagellazione, per poi passare per la Via Crucis, la Crocifissione e la deposizione nel sepolcro. Le opere saranno esposte presso l’abitazione di Paolo Liotto a Teverola, in via Pascoli, dal 19 al 29 marzo, dove sarà possibile visitare le sue realizzazioni, per tutti quelli che amano il presepe.
Il 2 aprile il Laboratorio FareAmbiente Aversa presenterà la mostra fotografica “Terra Bruciata – il fuoco dell’Agro Aversano” presso la sede del circolo dell’Aeronautica in via Roma. La mostra, realizzata da Mariapia Napoletano, focalizza l’attenzione sulla questione dell’inquinamento nel territorio aversano, evidenziando problematiche, dati di fatto e prospettive di risoluzione. Le fotografie saranno presentate nel corso di un percorso itinerante che, dalle ore 18.30 del 2 aprile, farà tappa ad Aversa accompagnato da un convegno al quale interverranno il presidente dell’Associazione Arma Aeronautica di Aversa, Generale Giovanni Palermo, gli ingegneri Carmen De Crescenzo e Dario Autiero, quest’ultimo presidente del Laboratorio aversano Fareambiente, nonché il coordinatore provinciale dell’associazione Gennaro Caserta.
Con questa iniziativa di attenzione e coinvolgimento verso il territorio prosegue e si consolida l’attività ad Aversa dell’associazione FareAmbiente.
Continuano ad essere infuocate le polemiche dopo la decisione del Ministro degli Interni Alfano di interrompere una plurisecolare tradizione e consentire alla Diocesi di Napoli di nominare parte dei membri della Deputazione del Tesoro di San Gennaro. Un affronto intollerabile per molti napoletani, che sentono di essere “scippati” del loro patrono, il cui culto è affidato, caso praticamente unico, ad una organizzazione interamente laica. La questione è soprattutto simbolica ma ha anche una enorme valenza economica, poiché la Cappella del Tesoro conserva una patrimonio inestimabile di ori, gemme e preziosi, forse davvero il più favoloso tesoro esistente al mondo, come sostiene qualcuno, oltre ad immobili e altri beni di varia natura.
La Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro esiste dal 1601, per voto del popolo napoletano deciso ad onorare degnamente il proprio santo patrono. Il suo compito è quello di sovraintendere alla costruzione ed alla conservazione della cappella del Santo, amministrare i beni e i doni offerti, custodire le reliquie e mantenere il culto di San Gennaro. E’ una particolare istituzione preposta all’amministrazione del culto oltre che gestione di immobili e beni materiali, riconosciuta con Bolla di Fondazione di Papa Paolo V nel 1605 che, ponendo la Deputazione sotto la diretta autorità pontificia, riconobbe il diritto di patronato della città di Napoli sulla cappella e il diritto di nomina dei canonici, derivanti da fondazione laicale e non discendente dal diritto canonico. La composizione della Deputazione è stata determinata, sin dalle origini, in base alla composizione dei sedili cittadini: 5 seggi nobiliari ed il seggio del popolo, i quali si impegnarono a versare una annuale dotazione economica per il funzionamento della cappella. I tentativi di intromissione della Curia Diocesana di Napoli furono molteplici nei secoli, ancora nel 1635 Papa Urbano VIII ribadì con una propria bolla l’indipendenza della cappella e della deputazione dall’Ordinario Diocesano, attribuendole anche il diritto di nomina dei chierici e ponendola sotto l’autorità del Nunzio Apostolico presso la corte di Napoli. L’abolizione dei sedili nel 1800 provocò anche una temporanea soppressione della deputazione, le cui funzioni furono assegnate ad un Tribunale Conservatore, nel 1806 Ferdinando I ricostituì la Reale Deputazione assumendone direttamente la presidenza e fissando a 7 il numero di componenti, tutti aristocratici di nomina regia, restituendo loro le prerogative di gestione della cappella ed amministrazione laica del culto. Durante il decennio napoleonico le funzioni ed attribuzioni della Deputazione rimasero invariate, Gioacchino Murat nel 1811 stabilì che la presidenza della Real Deputazione fosse assegnata al sindaco di Napoli, una tradizione che continua ancora oggi, affinché il Santo sia pienamente dei napoletani.
Con la restaurazione borbonica i deputati furono portati a 12, nel 1852, e rimasero tutti di nomina regia e di estrazione aristocratica. La laicità dell’ente fu confermata anche dopo l’Unità d’Italia, lo stesso Garibaldi, ben lungi da accampare mire sulla Cappella e sul Tesoro, stabilì l’esenzione per la Deputazione dall’applicazione delle norme eversive sui benefici e sulle cappellanie laicali, alla Deputazione fu riconosciuto la status di “Institutione sui generis” con diritto di juspatronato laico. Nello stesso 1861 fu determinata la composizione definitiva della Deputazione: presidenza affidata al sindaco della città di Napoli, affiancato da 12 deputati, eletti in numero di due in rappresentanza di ciascuno degli antichi seggi cittadini, 10 nobili e 2 borghesi. Le prerogative patrimoniali di San Gennaro rimasero indenni anche alla soppressione degli enti ecclesiastici ed all’incameramento statale dei beni delle congregazioni nella seconda metà dell’800. Nell’agosto 1927, Papa Pio XI, con la bolla Napolitanae Civitatis sancì definitivamente il diritto di patronato della Città di Napoli sulla cappella, l’amministrazione dei beni della stessa, l’elezione dei cappellani e l’amministrazione del culto divino. Nel 1946, con l’avvento della Repubblica, la Deputazione ha saputo ancora una volta rinnovarsi per garantire i diritti del popolo napoletano sul suo Patrono, fino ad oggi infatti le nomine dei deputati avvenivano con decreto del Presidente della Repubblica sulla base di liste di candidati presentate dalla Deputazione medesima, nella compilazione delle quali ci si attiene all’antica divisione dei Seggi napoletani, con la presidenza affidata al Sindaco pro tempore.
Nelle scorse settimane il Ministro Alfano, probabilmente per ingraziarsi le gerarchie della curia napoletana, è intervenuto improvvidamente sul funzionamento della Deputazione equiparandola per decreto ad una Fabbriceria, cioè un ente avente esclusiva finalità di costruzione, gestione e manutenzione degli immobili, di cui un terzo dei membri è nominato dal Vescovo del luogo. In tal modo si legano le vicende della Cappella di San Gennaro e del suo favoloso tesoro all’autorità della Diocesi di Napoli, sottraendole al popolo napoletano ed al tradizionale carattere di laicità del culto del Santo. Alfano, evidentemente a digiuno di antichi privilegi ecclesiastici e della conoscenza di Napoli, è entrato a gamba tesa in una vicenda che dovrebbe essergli aliena, provocando le sacrosante ire dei napoletani. La polemica sta toccando la città trasversalmente, antichi nobili e nuovi plebei, neo ricchi e vecchi lazzari, toccando la politica, le associazioni, i movimenti, in un sussulto di tradizione e di comunità.
La sezione aversana della Fidapa ha organizzato lo scorso 11 marzo un interessante incontro sull’apparato decorativo del Duomo di Aversa, ospitando una conferenza della professoressa Anna Grimaldi, autrice di un prezioso saggio dal titolo “La decorazione del Duomo di Aversa in Età moderna. Storia della committenza tra aristocrazia e clero”, pubblicato nel 2011.
Prendendo le mosse proprio dal contenuto del volume, la professoressa Grimaldi, docente presso la Seconda Università degli Studi di Napoli, ha intrattenuto il folto uditorio che ha riempito la sala convegni dell’Hotel del Sole con una ampia dissertazione sulla storia e sugli stili pittorici delle decorazioni ad affresco che, dal ‘600 in poi, hanno ingentilito la cattedrale aversana, soffermandosi con dovizia di particolari sul fermento artistico che distinse il massimo tempio di Aversa nel periodo del suo completo rifacimento barocco. L’attenzione è stata posta in particolare sull’opera dei Vescovi della famiglia Carafa che per tutto il XVII secolo tennero la cattedra aversana con diversi membri del casato, oltre che sulle committenze dell’aristocrazia locale che godette a lungo dei diritti di juspatronato sulle cappelle minori.
La studiosa ha evidenziato come “le opere della cattedrale danno conto, attraverso il linguaggio dell’arte, dell’importanza della diocesi aversana, non solo in epoca medievale ma anche in epoca moderna, una diocesi che perse smalto nel corso dell’Ottocento per le vicende politiche dell’Unità nazionale, ma che comunque ha rappresentato un riferimento spirituale, storico e artistico di grande rilevanza nell’Italia Meridionale”. L’incontro è stato introdotto e moderato da Silvana Gatto, presidentessa delle fidapine aversane, registrando una numerosa e attenta partecipazione di pubblico.
L’8 marzo si celebra la Giornata Internazionale della Donna, un giorno commemorativo per ricordare le donne della storia, le tante conquiste sociali, politiche ed economiche, ma soprattutto per ricordare le tante donne vittime purtroppo, ancora oggi, di barbare violenze. Ogni donna ha un suo 8 Marzo per celebrare il coraggio e la determinazione, “Nottetempo” opera prima della scrittrice napoletana Mariateresa Belardo non fa eccezione. Non può venir meno il contributo di una riflessione in questa speciale ricorrenza, con il senso autentico di questa giornata che sia spunto di profonde riflessioni per tutte le donne, solo allora, infatti, sarà veramente festa. L’autrice è una donna tenace, che non rinuncia ai suoi sogni e desideri ed alla voglia di ricominciare.
Il suo viaggio inizia con un forte dialogo interiore che è in realtà è un monologo, mette a fuoco le sue passioni, il suo dinamismo in un conflitto interno, che però lei stessa dimostra di vincere. Insomma, mente e cuore si scontrano in un lungo duello inseguendosi fino all’alba del nuovo giorno per ritrovare la luce della libertà, ma soprattutto l’essenza di sé stessa. Nottetempo è il racconto della storia che si porta dentro, nel tempo non è mai slegata dal passato, in un lungo percorso travagliato che si snoda in una notte solo quando riesce a vedere la luce del trionfo.
Mariateresa Belardo, ci porta per mano nelle sue stanze più intime e nascoste, sono mani pervase da sacro fuoco… è l’incendio dei suoi pensieri a prevalere in una notte cupa: è tempo di agire, è tempo di riscatto e la notte del cambiamento è la notte della mia rivoluzione di donna. È forte il desiderio di esplodere, consapevolezza e azione si fondono in una notte, capirlo da sola non basta. Un passo del libro che voglio ricordare e che ogni donna dovrebbe far suo è questo : «La strada per raggiungere un obiettivo è più importante dell’obiettivo stesso». Si nota che l’opera vuole mette il coltello nella piaga, e di quanto sia bello piantare nuovi semi di una pianta sana.
Sono pagine sviscerate, che denudano una storia personale nella quale ogni donna può ritrovarsi, una presa di coscienza che fa sempre molta fatica ad uscire allo scoperto tra malinconia, dolore e dolcezza ma soprattutto in un miscuglio di amore e amarezza. Capire finalmente cosa resta del suo grande amore. Un omaggio alle donne che parte dalla sua voce, che vibra sulla pelle in un’unica voce, quasi com e un martirio, che riesce a vedere squarci di luce per poter così rinascere. Il richiamo di quella primavera dell’anima è poesia. Ma l’8 marzo è anche il giorno della fioritura delle attenzioni alle donne e delle mimose, le mimose sono benvenute e ben gradite, il giallo, è un colore che non può assolutamente mancare. Soprattutto attenzione, rispetto, dignità e amore, perché noi donne valiamo quanto gli uomini. Non solo terra dei fuochi, ma terra dei fiori. Terra del sole.
Allora, auguri a chi non demorde non si commisera. A chi urla in silenzio. Auguri a chi ride e a chi piange. E che sia un buon 8 marzo, verso un nuovo punto da cui iniziare a guardare al futuro, verso alti obiettivi da raggiungere… e ancora buon 8 marzo a chi si sforza per dare il meglio di se stessa a chi ha la forza per raggiungere i suoi sogni. La strada è lunga ma ce la faremo.
Periodico
Registrazione presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere N. 602 del 19/09/2003 Direttori responsabili: Andrea Scaglione e Salvatore De Chiara