Un progetto artistico nasce quasi sempre per caso; solo successivamente – e se ne ha le caratteristiche necessarie – si afferma come proposta organica e continuativa.
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Anche VISAVI nacque quasi per un gioco di rimandi culturali, quando fu avanzato la prima volta.
Ma è certo che conteneva i dati culturali necessari per affermarsi come ipotesi continuativa di lavoro se, anche quest’anno (e per la terza volta) si può affermare l’ipotesi di due personalità a confronto per verificare, a parità di età e di condizioni, quanto due giovani possono scambiarsi in fatto di esperienze culturali, di proposte e di uso delle tecnologie contemporanee.
La scelta di due personaggi come Massimo Poldelmengo e Carmelo Cacciato non ha niente di occasionale o di provvisorio.
Entrambi si sono accostati all’arte con l’intenzione di sondarne un aspetto non sempre privilegiato; hanno seguito un percorso autonomo ed originale che li imposti all’attenzione come due emergenze di grande interesse; cercano tenacemente di armonizzare una cultura, per così dire, classica (frutto di un apprendimento scolastico non superficiale) con una sperimentalità spesso al limite (ed oltre) dell’acquisito, del “già visto”. Infine – perché no – ambedue hanno maturato le prime esperienze artistiche ed espositive nell’area di quegli «artisti del gruppo “la roggia”» che per molti anni è stato un riferimento fondamentale in provincia e in regione, salvo dissolversi poi in una miriade di iniziative spesso subalterne e senza prospettive.
Massimo Poldelmengo sin dalle sue prime prove (addirittura mentre ancora completava il corso di studi accademici) si segnalò per la grande capacità di attingere ai materiali più disparati per costruire le sue sculture di intenzione monumentale: dalle cose trovate per caso (ferro, legno, oggetti quotidiani, cemento e altro) agli impianti luminosi; dagli interventi fotografici ai mezzi audiovisivi, tutto è piegato alla resa di grandi strutture architettoniche.
Ma anche nei rapporti con altre forme di espressione artistica la fondamentale curiosità culturale e il bisogno di costruire ampie soluzioni è stato lievito per collaborazioni con musicisti ed altri artisti per oper in progress che provano la duttilità della sua personale grafia. Negli anni recenti ha privilegiato la manipolazione di materiali foto-video sempre nell’ottica delle grandi costruzioni scultoree al servizio del’architettura.
Carmelo Cacciato ha una formazione decisamente grafica che lo porta ad esplorare il mondo del’incisione e del libro d’artista con passione quasi maniacale: il “fatto a mano” è il presupposto di ogni elaborazione e la sapidità dell’oggetto finale è lo scopo a cui tende la sua attività.
Di più, interviene un senso mai sopito della narrazione spesso sociologica, per cui ogni composizione affronta temi delicati ed eterni che vanno dalla memoria personale alla condizione degli emarginati, dalla fantasia dei viaggi – spesso surreali – al puro bisogno di narrare.
Lo stile è quello dell’infantilismo ludico, fatto di reperti tratti dai cassetti del solaio o dai quadernetti degli appunti diligentemente e spesso fanciullescamente annotati ogni giorno: tutto però attraversato continuamente dall’amarezza della realtà.