Da “I fratelli separati” a noi. La presenza, martedì 23 ottobre, dell’Em.mo Kirill, metropolita di Smolensk e di Kaliningrad nella nostra diocesi, costituisce un prezioso regalo della sensibilità ecumenica del nostro Vescovo S.Ecc. Mario Milano alla sua Diocesi.
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Non un semplice incontro, pur sempre prezioso, ma un vero e proprio evento che merita di essere puntualmente ricordato, come le altre numerose iniziative pastorali che il vescovo Milano sta offrendo, per la crescita spirituale e culturale del territorio aversano. L’evento, in sé stesso, è carico di significati, quale può essere l’abbraccio tra due Chiese sorelle che si incontrano nella medesima Fede e in una stessa Speranza di riunirsi in Cristo Gesù.
Ma lo è anche per i contenuti civili emersi dai discorsi dei due presuli e per alcune, seppure “impalbabili coincidenze” che si sono felicemente, determinate.
A seguire la parola del Patriarca, responsabile del dipartimento relazioni estere della Chiesa Ortodossa Russa, ci è tornato alla mente il poderoso sforzo operato, nel dopoguerra (1948), da tutta la Chiesa italiana, per non consegnare alla ideologia marxista il nostro Paese, abbagliato dalla propaganda del più forte Partito Comunista occidentale. Erano gli anni della “cortina di ferro” e la condizione della Chiesa, in molti Paesi, sotto il dominio o l’influenza dei bolscevichi, era quella della emarginazione, dell’oppressione e, spesso, del martirio. Anche l’immensa Cina, finita sotto il potere di Mao, vietò ai Cristiani ogni possibilità di testimoniare la propria fede, impedendo qualunque rapporto con la Santa Sede. Ma questa è ancora storia dei nostri giorni! Era la “Chiesa del silenzio” che subiva una sistematica repressione, l’espulsione dei suoi vescovi e dei suoi sacerdoti. i processi sommari sulle piazze, il carcere duro, il domicilio coatto. Molti missionari, nostri conterranei: S.Ecc. mons. Gaetano Pollio, i Padri Pasquale Lanzano, Vincenzo Carbone, Antonio Russano, Carmelo Cintolo,., tutti figli della nostra terra, dovettero abbandonare i loro campi di apostolato per far forzatamente ritorno in Patria. Ma l’eminente Kirill non ha parlato di ciò, ha detto della condizione del suo Paese, così caro al Cuore della Madonna, all’indomani della “rivoluzione del 24 ottobre del 1917” . A nessuno è sfuggito il sereno, pacato, quasi comprensivo discorso sugli ex governanti del suo paese. “Essi, ha detto il presule, volevano realizzare un paese il più felice, il più libero, il più agiato possibile della storia; ma volevano farlo senza Dio. Per questo il giorno dopo la presa del potere, quasi d’incanto, scomparvero Dio, la Religione; i luoghi di culto. Non scomparvero i seguaci di Criso che continuarono nel segreto delle loro case a invocarLo, Signore della Storia.
A chi si chiedeva come mai, dopo anni di potere, il popolo non era né felice, né agiato, né libero il savio anziano russo rispondeva: “un uomo libero che ignora i principi etici, è un uomo terribile”, egli non sa che “Senza Dio non si può costruire una vita felice”.
Ma Kirill ha detto anche che “I popoli ricchi non costruiscono chiese”, “dove c’è benessere, spesso, Dio non c’è più”, facendo intravedere tutti i mali del consumismo che attanaglia l’Occidente. Il rovescio doloroso di una medaglia in cui l’elemento comune è la visione materialistica ed edonistica dell’esistenza, dove Dio è reietto, condannato all’esilio del privato, del relativo e dell’individuale, lontano dalla comunità che vive, opera, partecipa, sceglie…
“Quando ci vogliono convincere, ha aggiunto il Kirill, che la Religione è un affare privato; quando vediamo che la fede, nel nome di un colpevole laicismo, è confinata in un ghetto; quando vediamo che in Europa si sono dimenticate le radici cristiane nel preambolo della Costituzione, noi vogliamo gridare, ad alta voce, insieme ai nostri Martiri: non lo fate, non potete costruire una vita felice senza Dio”.
Ma la presenza di Kirill assume anche un significato profetico per la nostra Diocesi.
Il 23 ottobre, cioè in questo giorno, cade la vigilia del 90° anno della “Rivoluzione d’ottobre” (24 ottobre 1917). Altrove la celebreranno ancora. Qui non è stata né celebrata né commemorata, ma ricordata e capìta…Senza disprezzo e senza enfasi, come si conviene a chi per comando divino deve capire, perdonare, anche se milioni sono i Cristiani inviati nei gulag, migliaia e migliaia sono i morti della Siberia. Noi ricordiamo il detto di Tertulliano: “il sangue dei martire è seme di Cristiani”.
Ci piace, alla fine di queste brevi riflessioni, ricordare un’altra significativa coincidenza: da questa terra, quella della nostra diocesi, un uomo, spesso profeta, il P. Paolo Manna, oggi agli onori degli altari e presente con le sue spoglie mortali nel seminario missionario di Ducenta, faceva partire il suo grido e il suo appello all’unità dei Cristiani, all’accoglienza de “I fratelli separati”, perché, come concludeva il Kirill , rivolgendosi ai fedeli riuniti nella Catterale di Aversa: “Le diversità teologiche devono essere superate” e ”insieme possiamo portare un messaggio pastorale univoco e fecondo al mondo”.