L’altro grande figlio di Aversa fu pure lui grande musicista, acclamato e famoso in tutta Europa.
Nacque il 10 settembre del 1714 nel popoloso quartiere del Lemitone, alla via che oggi si chiama Costantinopoli, nel palazzo di fronte alla chiesetta di S. Giovanni: una lapide ricorda la sua casa natale ed a lui è dedicata la via che la rasenta.
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I genitori, Francesco Iommelli e Margherita Cristiano, erano agiati cittadini.
Fu battezzato nella parrocchia di S. Audeno e qui fece i suoi primi tentativi come cantore; il padre lo pose poi a studiare nel coro del Duomo, presso il Sacerdote Muzzillo, che era Capocoro.
Vista la naturale inclinazione e le grandi capacità, fu posto a studiare, a 16 anni, nel Conservatorio di S. Onofrio a Napoli, dove ebbe come maestro il musicista Francesco Durante.
Esaurito questo primo ciclo di studi, nel 1731 passò al Conservatorio della Pietà a Napoli e, nel 1737, fece il suo esordio come compositore con un’opera dal titolo: “Errore amoroso”, che egli firmò con lo pseudonimo di Valentini; l’anno seguente compose, per il teatro dei Fiorentini, l’opera “Odoardo” che ebbe molto successo e gli diede in breve la celebrità.
Fu infatti chiamato subito dopo a Roma dal Cardinale York e per lui compose, nel 1740, il “Recisero” e, nel 1741, “Astianatte”.
Da Roma si trasferì poi a Bologna, dove perfezionò i suoi studi sotto la guida di Padre Martini; qui compose l’”Ezio”.
La sua fama cominciava intanto a crescere ed egli venne ben presto ricercato da tutte le città d’Italia: nel 1746 compose a Roma “Diana”, al San Carlo di Napoli “Merope”, a Venezia la “Merope” e una “Messa”, “Laudate pueri” ed un “Oratorio”; ebbe poi un posto al Collegio Ospedaletto.
Nel 1748 a Napoli compose “Amore in maschera”, “Artaserse” e l’Oratorio “Passione”.
Intanto la fama del suo nome aveva varcato i confini d’Italia ed egli fu invitato dalle corti di Europa.
A Vienna compose l’”Achille in Sciro” e musicò “Didone” di Metastasio.
Nel 1750 tornò a Roma con l’incarico di Maestro nella Cappella di S. Pietro.
Nel 1751 e 1752 scrisse tredici opere per molti teatri d’Europa (Madrid, Torino, Milano e Parma) tra cui “Ifigenia”, “Talestri” e “Attilio Regolo”.
Cedendo a vari inviti che gli venivano da tutta l’Europa, si recò a Stuttgart in Germania e quivi trascorse molti anni, finchè nel 1769, preso dalla nostalgia della sua patria, tornò ad Aversa.
Quivi trascorse in pace gli ultimo anni della sua vita, ritirandosi alla fine nel convento di S. Agostino della Zecca a Napoli.
Qui morì il 25 agosto 1774 e fu sepolto nella cappella di S. Tommaso di Villanuova.
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