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La fine o il fine di un anno scolastico…? di Stefano Rega

studenti.jpg“La fine o il fine, cos’è importante?”. Cosi con tono incuriosito, sospeso tra la certezza della risposta e il desiderio di qualcosa di nuovo e più profondo, un bel giorno mi rivolsi ai tanti ragazzi che continuamente incontro sul mio cammino e…, senza purtroppo nessuna sorpresa, in massa, senza esitazione e con molta sicurezza, mi fu data la più scontata delle risposte: attendiamo la fine, attendiamo che finisca l’anno scolastico, attendiamo di non sentire più quella campanella che è sempre puntuale nel richiamarci al dovere dello studio. Finalmente saremo liberi… sulla fine ero certo, ma sulla libertà la risposta mi arrivo come una fitta al cuore. Ma liberi da cosa? dalla cultura, dall’impegno di educare la mente e il cuore alla riflessione, liberi dal ragionare, liberi dal pensare la nostra storia, liberi dall’inserirci con intelligenza nella costruzione della società, liberi nell’essere protagonisti della nostra vita?


Non mi aspettavo certo una risposta diversa, anch’io a quella età e con la confusione che regna, avrei dato la medesima risposta, ma il prendere ulteriore coscienza di quella realtà, mi ha seriamente preoccupato e addolorato, ha risvegliato in me una inquietudine. Mi preoccupa e mi addolora che tutto è vissuto, anzi “consumato” velocemente e superficialmente e si cerca sempre altro, e non si costruisce, non si lavora per un fine, non si pensa ad un obiettivo, ad una meta precisa, si vive alla giornata e si procede in avanti senza una memoria, senza un passato e un futuro. Sono seriamente preoccupato e addolorato per questi ragazzi attenti a curare molto l’immagine e poco l’interiorità, sono preoccupato e addolorato per questi ragazzi che non fanno più gruppo e sono come un branco che sbrana e che da soli invece sono insicuri, impauriti e deboli. Sono preoccupato e addolorato per questi ragazzi con i pantaloni a vita bassa, con mille telefonini, con il tutto che non riempie e lascia dentro il vuoto… senza l’idea del sacrificio, della rinuncia, della lotta, senza la fatica di conquistare e acquistare, senza la fatica del sapere e del saper tirare avanti. E qui nasce l’unico interesse per la fine e non per il fine, ecco allora l’interesse per l’immediato e non per ciò che sa di per sempre, ecco allora la mediocrità, la superficialità, il vuoto. Sono seriamente preoccupato e addolorato: vedo questi ragazzi storditi dai rumori più che attenti ai suoni, abbagliati più dalle luci artificiali che dalla luce del sole, con addosso la puzza del fumo e dell’alcool più che del profumo dei fiori, con tutto basso, disposti ad abbassarsi non solo i pantaloni, ma a svendere il significato della vita, dei sentimenti e della cultura. Sarà un segno per definire l’odierna società portare i pantaloni bassi? Sarà l’indice di un momento di abbassamento etico e culturale questa moda, vorrà forse indicare che tutto è giù, tendente al basso? No, io non ci sto, tutto questo non mi piace e la mia preoccupazione e il mio dolore non li può vedere lentamente morire, io che sperimento ciò che è bello non posso non dirlo con forza: Duc in altum… voglio aiutarli a volare alto, ad alzarsi non solo i pantaloni, ma tutto… come? Per ora sento di volervi bene! E penso che questo sia già un buon punto di partenza. Buona fine per l’anno scolastico, ma soprattutto buona ricerca e conquista del fine. Un vostro amico, don Stefano.


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